Fiat è azionista di Rcs per oltre il 10%, e Diego Della Valle, pur fuori dal patto di controllo, per oltre il 5% . Ebbene, Della Valle definisce Marchionne furbetto non del quartierino (e pensare che Ricucci voleva scalare proprio Rcs...), ma «cosmopolita», una battuta alla Crozza. Il tutto alla vigilia di un incontro del patto di sindacato, con titolo ormai senza flottante, giù ma anche su, da agosto fino al 350% (strano, in un momento di crisi della pubblicità e dell'editoria), e soprattutto con la voglia inconfessata di alcuni di vendere (anche di Fiat?), e di altri invece di rafforzarsi (Della Valle?). Un caso da manuale, sul tema del controllo dei media da parte dei gruppi industriali e finanziari. Che in America non si porrebbe neppure, perché gli editori, laggiù, debbono essere «puri» (intendiamoci, la purezza è pur sempre un'opinione), ed è vietata la presenza - appunto «impura» - di chi ha interessi economici diversi nel santuario della libertà di stampa. In Italia, si sa, le cose sono ben diverse e le timide prescrizioni della legge Gasparri al massimo obbligano chi è in politica a trasferire la proprietà di un giornale al proprio fratello… Come se l'è cavata nell'immediato, il Corrierone, di fronte a questo intreccio? Il giornale ricorda di aver spesso dissentito da Fiat e adombra il rischio che l'azienda si separi «unilateralmente» dagli interessi del Paese. Ce n'è anche per Gianni Agnelli, per la sua diversificazione anni '80 e un po' anche per Romiti (oggi molto critico su Marchionne, e su questo argomento sostanzialmente «devalliano»).
Ma la conclusione è al tempo stesso maliziosa e ammonitrice: perché il «rottamatore» Della Valle non si è svegliato prima, magari ai tempi in cui l'Avvocato faceva il testimonial gratuito delle sue scarpe con i gommini? Perché non se la prende con il governo? Forse, suggerisce, prevalgono interessi personali, perché lo "scarparo" prima ha battagliato fianco a fianco con Nagel per le Generali (contribuendo all'eliminazione di Geronzi), e poi lo ha criticato quando, insieme al «ragazzino inadeguato» Elkan non lo ha sostenuto nella crescita proprio in Rcs. Un bel pasticcio di interessi intrecciati. L'unica cosa certa è che la cancellazione di Fabbrica Italia è una pessima notizia per il Paese, dà fiato non tanto a Della Valle quanto a Fiom, spiazza Bonanni e i vincitori di Pomigliano, imbarazza Monti che a Marchionne aveva liberisticamente riconosciuto il diritto di fare le sue scelte, persino a Renzi che stava con l'Ad Fiat «senza se e senza ma». Ed è difficile capire perché prima si annunci un investimento epocale, poi si cancellino i nuovi modelli che possono dargli senso.
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