Cos'altro infatti potrebbe tenere legati le foto in topless della duchessa britannica Kate e le vignette su Maometto? Entrambi sono diventati, a loro modo, casi editoriali e non solo. In Francia e, almeno per quanto riguarda il primo, anche altrove. Ma le reazioni scaturite dalle due vicende sono diverse, tanto da destare non poche perplessità.
Nel primo caso, di fronte alla presunta violata intimità della futura regina, infatti, è entrata in azione la magistratura che ha censurato le foto pubblicate da un periodico francese. Nel secondo, in nome della difesa della libertà di stampa (che dovrebbe essere sacrosanta anche quando non dileggia la religione, qualunque essa sia), anziché intervenire sul giornale che mette in pagina le vignette dedicate al profeta musulmano, i francesi chiudono scuole e ambasciate in venti paesi per il timore della reazione degli estremisti islamici.
Certo, in astratto ci potrebbero non essere dubbi: la libertà di espressione vale non venti ma cento ambasciate e scuole (figuriamoci nel paese che ha dato i natali a Voltaire e Rousseau). Nel concreto, però, la libertà di stampa dovrebbe convivere anche con la coscienza e la consapevolezza degli effetti che possono generare alcune notizie. Solo in questo modo, infatti, è possibile tracciare confini certi e sicuri attorno al mondo dell'informazione. Confini entro i quali possano sentirsi al sicuro anche le potenziali vittime di un certo modo di diffondere informazioni.
Tra queste si potrebbe anche annoverare la duchessa Kate, violata nella privacy e nell'intimità da un paparazzo che ha trovato lo scoop della vita.
Non però in quanto esponente della famiglia reale e futura occupante del trono della monarchia più importante del mondo, bensì in qualità di persona. Allora il discorso dovrebbe essere allargato a tutte le donne e (perché no) anche agli uomini offesi nella loro intimità da operatori dell'informazione hanno lasciato gli scrupoli a casa. Altrimenti i confini diventano mobili e i conti non tornano. E si arriva all'assurdo delle lezioni di moralità da parte dei tabloid inglesi che si sono ben guardati dal pubblicare le foto della duchessa e di una strumentalizzazione politica di Berlusconi tramite Mondadori (che le immagini le ha stampate) per una volta un po' fuori luogo.
Poco diverso è il discorso che riguarda la satira religiosa. Non c'è bisogno delle reazioni violente di una parte minoritaria dell'universo islamico per comprendere che questo tipo di presunta informazione viola la sensibilità di molti credenti, siano essi musulmani, cattolici, ortodossi, protestanti, buddisti, induisti, valdesi e di tutte le religioni del mondo.
Non si tratta di censura, ma solo di buon senso, un ingrediente che non è mai fuori posto nel fare informazione così come in qualunque altra attività umana.
Francesco Angelini
© RIPRODUZIONE RISERVATA