Uno scandalo inaccettabile, ha detto il presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco, che la classe politica sottovaluta in modo irresponsabile. Lo stesso Pierferdinando Casini, che in un primo momento aveva difeso Renata Polverini, ha dovuto fare una precipitosa retromarcia di fronte all'ondata di fango e ammettere che a questo punto la strada migliore è quella di restituire la parola agli elettori.
Il leader dell'Udc non rinuncia tuttavia a sottolineare come nella vicenda aleggi l'ombra dell'ipocrisia dal momento che tutti i gruppi, anche quelli dell'opposizione, hanno sempre votato all'unanimità lo sconvolgente aumento delle spese per i gruppi consiliari (da 1 a 14 milioni di euro) in appena due anni. Che fine ha fatto questo fiume di denaro, percepito dai politici mentre venivano disposti simmetrici tagli alla sanità e alla scuola?
È presumibile che a fare le spese dello scandalo, al di là della dignitosa autodifesa della Polverini, sarà innanzitutto il Pdl investito dall'onda d'urto della questione morale. E i suoi alleati. Ma in realtà nessuno può stare tranquillo perchè la vicenda apre spazi inimmaginabili a un grillismo che nei sondaggi si annuncia già molto forte.
I berlusconiani nella circostanza hanno peccato di mancanza di reattività. La difesa ad oltranza della governatrice, sia pure per consentirle di completare in extremis il piano di tagli alle commissioni e ai costi dei parlamentari regionali, è apparsa la mossa di chi ha esaurito ogni altra idea più che una organizzata linea di difesa.
L'interrogativo è come questa sconfitta si rifletterà sui rapporti interni del Pdl. Silvio Berlusconi si è tenuto ai margini della battaglia tentando soprattutto di bloccare le dimissioni della Polverini, ma è chiaro che il suo problema a questo punto è ben altro: quello di tenere unite le molte anime del partito e di evitare la diaspora degli ex An. Il suo carisma comincia a mostrare le rughe. Ai confini preme Gianfranco Fini che invoca la rifondazione del centrodestra contro la degenerazione affaristica e morale. La bandiera del presidente della Camera è la difesa dell'agenda Monti e, in ultima analisi, una riforma elettorale che consenta nella prossima legislatura la prosecuzione dell' esperienza del governo tecnico di larghe intese. Questo è, ridotto all'osso, anche il programma di Casini e della forza di centro che attraverso una miriade di personaggi e sigle si presenterà all'elettorato per proporre il Monti-bis o qualcosa di molto simile (se il Professore dovesse puntare al Quirinale). Ed è pure il programma da cui difficilmente si potrà scostare il Cavaliere, sempre più simile ad un'anatra zoppa.
Pierfrancesco Frerè
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