Malgrado le offerte e gli utili, nel giro di otto lunghi anni nessun partner straniero si è fatto avanti per aiutare lo storico marchio a trascinare quella zavorra in un settore mondiale complesso e in mutamento. Il Ceo ammette qui la sua sconfitta.
Non aggiungeremo altro inchiostro al fiume già versato sull'annosa impasse sindacale della Fiat. Ma la criticità cui allude Marchionne non può essere ridotta a una querelle sull'occupazione o sull'innovazione del marchio. Dopotutto, il futuro della Fiat è paradigmatico per molte imprese italiane e, dunque, per l'economia nazionale che deve fronteggiare nuove sfide con sufficiente libertà d'azione.
È in questo contesto significativo "l'indice di libertà economica", una guida pubblicata annualmente dal Wall Street Journal in collaborazione con la Heritage Foundation. L'indice esprime i calcoli di un primario think tank americano e s'ispira alle fatiche del celebre economista scozzese Adam Smith. Le stime poggiano su valori di libertà, prosperità e protezione delle iniziative individuali.
Tutto quanto favorisca il movimento di forza lavoro, capitali, beni e idee promuove la libertà economica; tutto quanto determini sprechi, coercizioni o erosioni della trasparenza abbassa la valutazione. Sono contemplati fattori come politica monetaria, imposte, corruzione, conti pubblici, flessibilità del lavoro, ecc.
La guida del 2012 (184 nazioni) vede primeggiare Hong Kong, Singapore, Nuova Zelanda, Australia e Svizzera, giudicati i Paesi economicamente più liberi del globo. Gli Usa sono in decima posizione. La graduatoria non rispecchia una valutazione di benessere a tutto tondo, tanto meno di felicità. Ma certamente un indice basso non pone buone premesse per la crescita serena di una nazione.
Ebbene, l'Italia si trova al 92° posto, preceduta dall'Azerbaijan e a pari merito col Gambia e l'Honduras (la Spagna è al 36° posto, la Grecia al 119°). Una situazione analoga è descritta dal Fraser Institute canadese. Crediamo che nella nostra semplificazione questo spieghi perché nessuno straniero voglia affiancare la Fiat. La "zavorra" di tante imprese italiane è costituita da tutti i fattori che il Paese non supera per avere nell'elenco un rango almeno accettabile.
La Fiat ha sempre dato del tu ai governi italiani, a tutto vantaggio della famiglia Agnelli. Ma gli aiuti del passato o gli attriti presenti con i sindacati non spostano di una virgola il problema di oggi: i tempi cambiano e l'Italia è strutturalmente inadatta a richiamare capitali e idee. Monti vede una luce in fondo al tunnel; Marchionne gioca meno con la psicologia e la interpreta come il faro di un treno in arrivo. Potrebbe trattarsi di quelli più competitivi e liberi che stanno per travolgerci.
Roberto Weitnauer
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