Anche per lui, e per la moglie Lorella, è giunto il momento dell'appuntamento mondano per eccellenza.
Si tratta di una coincidenza, ma l'esordio di Lucini da «primo cittadino alla Prima» ha coinciso con l'allestimento più estremo e sconvolgente tra quelli portati sul palcoscenico in tutta la bicentenaria storia del Sociale.
Durante la sinfonia introduttiva, davanti agli occhi sbigottiti del sindaco e della consorte, di tutti i vip e i meno vip, si è consumato uno stupro di gruppo, e uno sgozzamento sanguinario poi, un incipit inteso dal regista Sam Brown come un autentico pugno nello stomaco per precipitare gli spettatori nel clima violento e sanguinario del campo zingaro di inizio Novecento in cui ha inteso ambientare questa rilettura del melodramma.
Uno spettacolo che ha rotto tutti gli schemi e che ha, immediatamente, provocato reazioni da parte della sala: mentre la gente si interrogava su quello che aveva appena visto, Lucini deglutiva: «Che scherzo mi avete giocato?», sembrava pensare, lui che, ancora in campagna elettorale, aveva rivelato simpatie musicali ben differenti, dai Genesis a De André passando per i cantautori americani degli anni Settanta, i «suoi» anni, quelli della gioventù.
Lui che, in questi primi mesi da sindaco, si è mostrato quasi sempre informale e sorridente, più a suo agio nelle occasioni popolari che in quelle mondane. E la Prima del Sociale è a metà tra questi due universi, perché grazie alla sapiente conduzione di Barbara Minghetti e Aslico non è più un evento riservato unicamente a «chi può», ma aperto a una città moderna.
Il presidente del teatro ha accolto un sindaco sorridente, consapevole che avrebbe trascorso i minuti prima dell'alzata del sipario in un rutilare di saluti e strette di mano. Era giovedì, ma non c'era consiglio comunale: una scelta voluta dallo stesso Lucini e, come è nel gioco delle parti, contestata dall'opposizione (decidete voi, in questo caso, chi sono i Capuleti e chi i Montecchi). Una scelta che ha consentito a parte della giunta di fare quadrato: Iantorno, Gerosa, Introzzi e Spallino hanno risposto all'invito.
Ma c'era anche Stefano Bruni, l'espressione sorridente di chi è lieto di essere «ex», c'era Etta Sosio, piccola rappresentanza della Como che fu. Due assenti illustri: Sergio Gaddi, ma anche Luigi Cavadini: par condicio tra ieri e oggi. Il resto del parterre è quello di ogni anno, tra melomani sinceri e presenzialisti più o meno illustri, tutti a salutare il nuovo sindaco perché, almeno nel tempo della cultura comasca, gattopardescamente è bastato cambiare tutto perché non cambiasse, in fondo, nulla.
Alessio Brunialti
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