Un segno tangibile dello sfaldamento dei partiti e del loro inarrestabile sradicamento dal paese reale arriva da Mariano Comense, dove ne stanno letteralmente succedendo di tutti i colori. Secessioni, golpe, sgambetti, ricorsi alla magistratura in quella marmellata globale che è diventato il centrodestra, lo stesso che meno di tre anni fa aveva stravinto le elezioni con numeri da far impallidire la Corea del Nord.
«L'unico partito rimasto siamo noi» ha ardito affermare l'altro giorno il consigliere comunale della Democrazia Cristiana (sì, quella) (...)
A onor del vero il consigliere Dc ha peccato di presunzione dimenticando il Partito Democratico, ma la sua osservazione all'apparenza paradossale non è affatto lontana dalla realtà.
La bufera investe in particolare il Pdl e il caso di Mariano è emblematico dello stato di confusione, incertezza e, perché no, anarchia che contraddistinguono l'ormai ex partito di maggioranza relativa. Un caso che spacca il Pdl e finisce per ripercuotersi anche sulla Lega, l'altro moloc della politica locale, costretta a voltarsi dall'altra parte mentre l'alleato fa e disfa e ad accettare soluzioni strampalate pur di arrivare a fine mandato.
Ma cosa è accaduto nell'industre Brianza azzurro-verde? Riassumendo e semplificando, è successo che una parte consistente del Popolo delle Libertà - cinque consiglieri comunali su otto, compresi capogruppo e presidente del consiglio - se ne è prese parecchie, di libertà, e si è messa in aperto contrasto con il partito, fino a un clamoroso atto di insubordinazione nei confronti del coordinatore provinciale Alessio Butti. Poco importano in questa sede qui i motivi dei contrasti o stabilire torti e ragioni. Conta sapere che per dirimere la questione e riallineare la sezione di Mariano è intervenuto in prima persona il senatore Butti, che ha preso il coordinatore cittadino, uno dei consiglieri comunali dissidenti, e lo ha destituito. D'amblè.
Fin qui tutto normale. Clamorosa è stata la reazione dei cinque rivoltosi, che rimanendo sotto la bandiera del Pdl hanno preso il coordinatore silurato e lo hanno subito nominato capogruppo in consiglio: un chiarissimo messaggio di insubordinazione. Cosa è successo loro? Assolutamente nulla. Anzi, tempo un paio di giorni e i dissidenti hanno posto un aut aut al sindaco leghista Alessandro Turati: via i quattro assessori nominati dal Pdl (tra cui la vicesindaco) e nomina di tre nuovi assessori graditi.
In altri tempi tale sfrontatezza sarebbe stata perseguita severamente: il Pdl avrebbe preso provvedimenti drastici (pensiamo al caso Gaddi) e a livello di alleanza avrebbe caldamente sconsigliato alla Lega e al suo sindaco di prendere anche solo minimamente in considerazione qualsiasi proposta dei dissidenti, decente o meno.
Inutile dire che è finita in tutt'altro modo. Il sindaco della Lega, con il via libera del partito, ha dato il benestare alla sostituzione degli assessori e i cinque contestatori del Pdl continuano a rappresentare il partito come se nulla fosse. Con il risultato grottesco di avere in consiglio un gruppo spaccato in due che vota agli antipodi. Mariano sarà anche lontana dai riflettori, ma il messaggio che dalla Brianza il Pdl manda ai suoi elettori è chiarissimo: liberi tutti e si salvi chi può.
Ma non ne esce bene nemmeno la Lega, che si dimostra pronta a digerire di tutto pur di mantenere il cadreghino ed evitare le elezioni. Forse immaginano già come andrebbe a finire.
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