Il compleanno, da sempre, è il momento dei bilanci. E se fare un bilancio non è facile per un singolo uomo, figuriamoci per un ospedale, che raccoglie in sé un’incredibile varietà umana e ospita centinaia di persone. Alcune delle quali, spesso sofferenti, in transito provvisorio e altre più o meno fisse, in virtù del lavoro che fanno.
Ieri il nuovo Sant’Anna ha compiuto due anni. Sembra un’era geologica fa, ma l’epopea del trasloco, seguita con apprensione e partecipazione da tutti i comaschi, risale ai primi giorni di ottobre del 2010. L’Azienda ospedaliera ha scelto un modo sobrio e azzeccato per celebrare la ricorrenza: niente squilli di tromba e nessun buffet con i papaveri di turno a spese del contribuente, ma un regalo ai comaschi. Proprio così: ha offerto un test gratuito della memoria ai più anziani. E la risposta - che attesta il forte legame di Como con il suo ospedale - è stata doppia rispetto alle previsioni, al punto di spiazzare gli organizzatori. Risultato: cento visite e gente in coda dalle otto del mattino.
L’iniziativa aveva un titolo quasi poetico ("Quando la memoria non ricorda") e merita una menzione. Purtroppo, però, la memoria dei comaschi in linea di massima funziona benissimo e l’anniversario del Sant’Anna ha portato con sé anche una notizia di segno opposto: una neo mamma è rimasta dodici ore in attesa in sala parto prima di poter abbracciare il suo bebè e i parenti, perché non c’era posto in reparto. Baby boom o effetto dello stop delle nascite a Cantù? In questa sede poco importa.
Resta il fatto che in questi due anni di vita la piccola città chiamata Sant’Anna ci ha consegnato tante storie: alcune belle e toccanti (si pensi alle numerose donazioni di organi), altre molto meno.
C’è da dire, per fortuna, che i casi finiti sulle cronache dei giornali molto raramente erano legati agli aspetti sanitari. In realtà la maggior parte dei comaschi continua ad avere totale fiducia nel Sant’Anna, nei suoi medici e nei suoi infermieri, che spesso dimostrano un’umanità e un’abnegazione che va oltre gli obblighi di contratto. Lo dimostrano i numeri (quelli non mentono mai): con 25mila ricoveri all’anno, 15mila interventi chirurgici e 70mila passaggi al Pronto soccorso si è confermato un ospedale importante, capace di attirare pazienti anche da fuori provincia e, addirittura, dai confini regionali. Per non parlare delle eccellenze riconosciute di alcuni reparti o dei macchinari d’avanguardia come "Vero", l’acceleratore lineare per la cura dei tumori.
Il problema è un altro. In questi due anni il Sant’Anna ha accumulato - per i motivi più svariati - un elenco di problemi strutturali davvero poco invidiabile.
Si va dal ritardo di un anno nella costruzione della palazzina degli uffici amministrativi, che porta con sé la piazzola per l’elisoccorso tuttora confinata a Villa Guardia (se va bene sarà pronta a fine 2013 ed è questo l’aspetto più grave), a un autosilo nato male e gestito peggio (stalli troppo stretti, infiltrazioni, tariffe assurde: è mai possibile pagare un euro e cinquanta per i dieci minuti necessari a ritirare un referto medico?), fino all’attesa surreale per la tettoia di collegamento tra l’autosilo e l’ingresso (se va bene sarà pronta a primavera). Per non parlare dei problemi di congestione viabilistica e di collegamento (con bus e taxi), dei posti per disabili scomodi, della spola con il vecchio Sant’Anna per i farmaci della chemio, della sala gessi da rifare, dei pavimenti che si sollevano e via discorrendo.
Un elenco assolutamente incompleto, ma che ha dell’incredibile se pensiamo che il preventivo di spesa per la nuova struttura partiva da 166 milioni ed è arrivato a un consuntivo di 260. Per tutte queste cose i comaschi borbottano e a volte si arrabbiano di brutto, protestando dentro e fuori l’ospedale. Non perché abbiano necessariamente un brutto carattere: in realtà si fidano e lo considerano una sicurezza. Di più: un punto di riferimento insostituibile. Ma non tollerano tradimenti.
Emilio Frigerio