C'è una notizia positiva e importante che nei giorni passati è sfuggita quasi a tutti. Il Tar del Lazio ha dato ragione al ricorso presentato da una delle maggiori associazioni italiane impegnate nel campo delle adozioni e ha stabilito che entro 90 giorni tutti i 29 tribunali per minori italiani debbano predisporre un database relativo «ai minori dichiarati adottabili nonché ai coniugi aspiranti all’adozione nazionale e internazionale».
Il database deve fornire ogni informazione utile a garantire l’adozione nel più breve tempo possibile. I dati, che devono essere aggiornati ogni tre mesi, «riguardano anche le persone singole disponibili all’adozione». È una notizia importante perché finalmente l’Italia si adegua ad una norma prevista dalla dall’art. 40 della legge 149 del lontano 2001, che prevedeva una banca dati dei minori adottabili, come strumento indispensabile per favorire l’incontro tra un bambino abbandonato e la sua nuova famiglia. In tutti questi anni il ministero di Giustizia non ha mosso un dito per rendere effettivo il dettato della legge, sino a che nel febbraio scorso l’associazione in questione, AiBi, ha deciso di procedere ad una vera class action contro il ministero, spazientita da dieci anni di promesse non mantenute.
Che cosa cambierà ora nel concreto? Che circa 300-400 bambini oggi non adottabili per mancanza di informazioni corrette potranno invece trovare famiglia. Da adesso il destino di tantissimi bambini abbandonati, ospiti delle strutture residenziali di tutta Italia, cambia finalmente: per loro si apre la speranza di un’adozione.
È un segnale importante nel momento in cui per la crisi e per le eccessive lunghezze burocratiche questo meraviglioso istituto che è l’adozione sta vivendo una grande declino. L’allarme viene evidenziato non tanto dai numeri che per ora restano ancora stabili, con circa quattromila adozioni internazionali e mille nazionali, quanto dal crollo dei decreti di idoneità, cioè delle coppie che vengono dichiarate idonee ad adottare, scesi del 49% tra il 2006 e il 2011. Ancor più preoccupante il calo delle domande di disponibilità che ha registrato un meno 35% per l’adozione nazionale e un meno 32% per l’internazionale, tra il 2006 e il 2010.
Contro questi numeri ci sono gli altri che devono far pensare: circa 30mila bambini sono senza famiglia, suddivisi in parti uguali tra quelli che sono in comunità e quelli che sono invece in affido. Un numero impressionante che dovrebbe interpellare tutte le coscienze ma di fronte al quale la politica aveva mostrato ancora una volta la sua inerzia. Per fortuna un’organizzazione della società civile ha costretto alla fine la politica a fare finalmente il suo dovere. Ora questa sentenza riaccende una speranza. Il prossimo passo fondamentale da fare è rimotivare le coppie a sostenere il percorso dell’adozione avviando un cambiamento culturale che spieghi come questa forma di accoglienza sia di grande civiltà e dignità umana.
Giuseppe Frangi