Con il crescente successo elettorale del partito famigliare - riunioni nella casa bilocale della Manuela, presenti sorella e cognato - si passa alle giacche un po' più sportive, ma sempre con l'idea di usare fondi di magazzino, o svendite stagionali. Le cravatte non erano ancora verdi, ma di vari colori, i maglioncini stile Oviesse. Abiti provinciali, del Varesotto o delle Valli. Non c'era già la divisa.
Questo fino alla soglia del primo governo, nell'epoca felice in cui ad ogni turno elettorale, regionale o nazionale, comunale o provinciale, la curva dei consensi andava sempre all'insù.
Il colpo di genio dell'Umberto, poi, è la canottiera, esibita in forma ufficiale nell'estate del 1994, in Sardegna, ospite del ministro Pagliarini, leghista anche lui, prima di staccare la spina dell'alleanza con Berlusconi. Invece di vestirsi, Umberto si sveste. Sulle spiagge assai poco popolari della Costa Smeralda, il Senatùr si mostra in calzoncini sportivi - capo d'abbigliamento da giovani, studenti, ma anche operai - e soprattutto in canottiera. Piccolo colpo di genio comunicativo. L'immagine passa in tutti i telegiornali, nei rotocalchi e ovviamente nei quotidiani. Il messaggio è evidente: io sono come voi, sono parte del popolo. La canottiera è l'abito di chi lavora, fatica con il sudore della propria fronte: contadini, operai, muratori, carpentieri. La Lega è il Popolo, del Nord. Poi è venuto il verde, un'invenzione anche questa: perfetta. Da quel momento è diventato il colore di cravatte e fazzoletti nel taschino, o foulard al collo di uomini e donne. Il celodurismo è del 1993, il verde arriva poco dopo, e diventa il vero brand della Lega, come il Sole celtico delle Alpi, e prima, agli inizi, lo spadone di Alberto da Giussano, rubato a una marca di biciclette , la Legnano. A seguire, vengono i calzoni corti di Calderoli, indossati sotto giacca e cravatta; e chi non si ricorda la cravattina di cuoio di Speroni all'ingresso di Montecitorio, fermato dai commessi? Poi le T-shirt con le scritte antiromane, le scarpe sportive, e mille altri capi d'abbigliamento, o travestimenti, della tribù dei leghisti, a cavallo tra il dopolavoro, il gruppo sportivo e la proloco. L'Italia popolare e insieme postmoderna.
La Lega faceva il pieno di voti e imponeva il suo costume barbaro ai mass media. Poi, improvviso, esplode lo scandalo del Trota, i soldi spesi per la Famiglia. Si scopre che tra le cifre stornate dai fondi del partito per uso personale ci sono alcune migliaia di euro usati per la biancheria intima, dunque anche per le celebri canottiere che Bossi sfoggia di nuovo nell'estate del 2011, dopo il devastante ictus di anni prima. A questo punto la simbologia tradizionale, la corporate image, non sembra funzionare più. Bisogna cambiare abito. Maroni ha da tempo assunto il look impiegatizio, da manager intermedio: l'occhiale rosso ma anche la giacca e cravatta ministeriale; la cravatta, poi, varia, a seconda delle situazioni: rigata al Viminale, verde a Pontida. Fatte le dovute proporzioni, è un po' come il Mussolini degli inizi: in frac e tuba alle cerimonie ufficiali con il Re e in camicia nera con i Quadrunviri della Marcia su Roma. Abiti diversi per usi diversi. Bisogna adattarsi. La Lega si è imborghesita. Mostra molto meno i propri simboli, provoca meno.
Partito istituzionale? In parte sì. Nel look, e non solo, Maroni riparte dagli amministratori locali. Non punta certo sui Borghezio o i Calderoli con le loro provocazioni davanti a obiettivi fotografici e telecamere. L'abito verde resta appeso negli armadi. Profilo più basso, da partito regionalista, un po' come i Catalani. Gli eserciti leghisti che avevano sceso orgogliosi e rumorosi le Valli del Nord, ora le risalgono in fretta e furia, rifugiandosi nei Bar Sport della Val Brembana o della Val Imagna. Lì ci si veste sempre alla vecchia maniera, ma non è più il capo d'ordinanza. Siamo tornati ai vestiti degli abatini - termine calcistico - degli inizi, quando il Senatùr veniva fermato per strada, a Varese, dagli ammiratori, e toccato come se fosse un santo? No. La Lega è ora un partito istituzionale, regna in comuni, province ed enti pubblici. Un partito d'impiegati, difensore strenuo, anche nel costume, delle classi medie nell'epoca della loro scomparsa. Voti in calo, vestiti in grigio.
Marco Belpoliti insegna all'Università di Bergamo. Tra i suoi libri ricordiamo «Il corpo del Capo» e «La canottiera di Bossi»
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