Italiana fino a un certo punto, visto che per moneta corrente, approvvigionamento elettrico ed altre caratteristiche, Campione scivola decisamente sul versante svizzero. Ma discutere se, socialmente parlando, Campione sia più italiana o elvetica significa impostare la questione in modo sbagliato: Campione, semplicemente, non è né l'una né l'altra cosa. Campione è Campione e basta: nei pregi e nei difetti.
Difficile, purtroppo, catalogare tra i primi la trattativa appena saltata al celeberrimo Casinò, istituzione locale dalle vicissitudini torbide e splendenti insieme. Come riferito dalle cronache, l'assemblea dei dipendenti ha respinto un accordo aziendale che, in cambio della rinuncia a 210 licenziamenti, prevedeva qualche aggiustamento sul salario. I più sensibili tra voi, dietro la parola "aggiustamento" forse già intravedono pesanti tagli, stipendi ridotti all'osso e code al negozio del pane come nella Russia sovietica. L'immagine potrebbe modificarsi una volta appreso che, per quanto concerne il personale di gioco (croupier e affini), lo stipendio minimo mensile, tra paga base, premi di produzione, superminimi e mance fisse, sarebbe stato di circa 7000 franchi (oltre 5700 euro) netti al mese. Di fronte a questa offerta, giova ricordarlo, i lavoratori del Casinò hanno pensato bene di assediare la casa del sindaco urlando tutto il loro dissenso e, al colmo dell'indignazione, accecati dall'ira come l'affamata massa operaia del "Germinal" di Zola, hanno rifilato un pestone all'amministratore delegato Carlo Pagan.
Chiamateci tendenziosi, ma nel registrare le vertenze di tante aziende lariane - dalla Eleca alla Sisme, tanto per citare due nomi -, trattative nelle quali i lavoratori, in molti casi, vedevano balenare la prospettiva che il loro posto (e il relativo stipendio) venisse trasferito all'estero, in cui non si parlava né di cinquemila né di tremila, ma magari di mille euro al mese, pur raccontando la rabbia, la tensione, le assemblee infuocate e gli scioperi, mai ci era capitato di dover riferire di un pugno, di una spinta o anche d'un semplice buffetto diretto alla controparte.
Testimoni della gazzarra campionese riferiscono di manifestanti che, arrivati in Suv, scattavano foto ricordo con l'iPhone5: ce ne sarebbe abbastanza per girare un nuovo episodio dei "Mostri" cinematografici ma non è nostra intenzione giudicare nessuno per i soldi che ha. Per quelli che rifiuta, però, sì. E se a parziale giustificazione dei dipendenti del Casinò vale il fatto che i salari sono rapportati all'esoso costo della vita in Ticino, bisogna per equità ricordare anche il cambio agevolato e la tassazione ridotta. Insomma, di tutti i modi in cui Campione può essere considerata "enclave", l'unico che non possiamo accettare è quello di "enclave del privilegio". Forse non si è capito, forse lassù il messaggio non è arrivato ma, da queste parti, delle caste, politiche o no, la gente ne ha abbastanza. E neppure le case da gioco, non più monopoliste ma soggette a dura concorrenza, possono dirsi immuni da (relativa) austerità. Come si dice in dialetto campionese? Ah, sì: rien ne va plus.
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