Nessuno ha mai messo in dubbio la capacità del territorio di darsi da fare quando il bisogno è davvero grande, Cantù in anni passati diede esempio di grande generosità, con moltissimi comaschi, facendosi capofila di una raccolta di fondi che permise a un bambino malato di avere salva la vita, ma mai si era vista una mobilitazione così imponente in aiuto di dipendenti che protestano contro un imprenditore, in questo caso il titolare della Eleca che non riesce più a pagare i propri dipendenti. Il tessuto sociale brianzolo è fatto di artigiani e imprenditori che non amano protestare, ma che preferiscono invece lavorare sodo, parlare poco e fare molto, non perdere tempo in nulla che non sia l'impegno personale, molto spesso a costo di grandi sacrifici personali e familiari.
Lavora, fai prima il tuo dovere e poi, ma molto dopo, avrai diritto di protestare. Se non dai più del tuo massimo non hai diritto di dire nulla. Questa è la storia della società canturina degli artigiani, per i quali il lavoro è la vita, e degli imprenditori alla Ranzani di radio Dj, presi in giro per la loro spocchia, le loro auto gigantesche, le loro fidanzate firmate da capo a piedi, il loro desiderio di tracciare una bella riga tra chi comanda l'azienda e chi invece obbedisce.
Ma in questi giorni la vicenda della Eleca ha soffiato via la polvere dal cuore di tanti. Le necessità di famiglie lasciate senza lavoro e stipendio ha fatto scattare la molla anche in qualche Ranzani e spinto molti artigiani e cittadini comuni a portare il proprio aiuto ai manifestanti che picchettano la Eleca. Sia chiaro, non è che prima della vicenda Eleca gli animi fossero sempre duri, piuttosto la solidarietà più nascosta. Ma la rivendicazione di tanti dipendenti lasciati senza soldi, a fronte di un lavoro prestato, per chi fa del lavoro la propria ragione di vita è intollerabile.
Lo deve essere per tutti, ma per una realtà produttiva così fortemente cucita sul dovere e sulla valenza sociale del proprio impegno, un comportamento che lascia un lavoratore senza soldi a dover spiegare ai propri figli che la spesa per pranzo e cena dovrà essere più economica non si può accettare. La signora elegante che si accosta al picchetto della Eleca e consegna 100 euro ai manifestanti è qualcosa di almeno insolito. Bella forza, si dirà, quella signora di soldi ne avrà tanti da non sentire la mancanza di quella somma. Può essere, però l'andare sul posto, il farsi vedere a dare soldi a chi picchetta non è consuetudine. La mobilitazione attorno a questo caso, che lo farà sicuramente uscire dai confini locali, è insolita.
La lettura di tale atteggiamento si presta benissimo a letture di grossolana analisi e il rischio di scivolare su un terreno sociologico complesso è enorme. Infatti, è importante non pensare che domani tutto cambierà, che ognuno andrà a offrire un lavoro a chi l'ha perso, ma è altrettanto bello ammettere che quando in gioco ci sono i "valori" comuni come il lavoro, la famiglia e soprattutto l'onestà di chi offre e di chi chiede occupazione (da cui poi deriva tutto il resto), chi ha un cuore si muove e agisce con soldi o salamelle o birra non importa. Importa il voler dire «io sto con chi lavora». E si tenga conto che per un canturino o un brianzolo, farsi vedere a fare un gesto simile, mischiarsi con chi picchetta non è poi così facile.
La riservatezza impera, ed è da sempre importante come il lavoro e il proprio impegno, ma non quando c'è in gioco qualcosa di tanto importante. La situazione attuale non ha più bisogno di dimostrare che sono tempi duri per quasi tutti e questo accomuna. Le famiglie dei dipendenti Eleca stanno diventando le famiglie di tanti canturini.
Carla Colmegna
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