Piu' forza
per salvare
la citta'
Titanic

  Se mai fosse servita una conferma, ora ce l'abbiamo. Gli edifici sul lungolago stanno sprofondando davvero. Lo mettono nero su bianco tecnici e geologi. E se gli amministratori - comaschi e regionali - non vogliono che a sprofondare sempre più sia la loro credibilità, forse è il caso che si diano una mossa. Perché sul cantiere delle paratie ormai si è detto e scritto tutto.
Le parole dell'esperto che ha condotto le ultime analisi per conto del Comune (le riportiamo a pagina 9) suonano come un verdetto definitivo: «Quel cantiere ha già fatto danni e, proseguendo sulla stessa strada sarà peggio». A questo punto si tratta di passare dalle promesse ai fatti. Il sindaco Mario Lucini ha vinto le ultime elezioni anche - per non dire soprattutto - assicurando ai cittadini un cambio di passo rispetto al disastro combinato dalla precedente amministrazione sul lungolago. Nei primi cinque mesi alla guida del Comune, però, la tanto attesa svolta non si è vista.
Nemmeno dal Pirellone, va detto, sono arrivati segnali confortanti. E proprio il ruolo della Regione appare, in questa fase, decisivo. Lucini nelle prossime settimane porterà a Milano il corposo dossier messo a punto dall'Università dell'Insubria e dal Politecnico, con l'obiettivo di ottenere il via libera alla revisione del progetto. I documenti riportano una lunga serie di criticità e i tecnici regionali - almeno ce lo auguriamo - non potranno far altro che prenderne atto.
Il passaggio davvero determinante, però, sarà quello successivo: Lucini sarà chiamato a presentare un nuovo piano per chiudere i lavori (conterrà, stando agli annunci, meno opere nel sottosuolo, l'addio alle paratie e una quota di difesa dalle esondazioni più bassa). Un progetto che non contraddica quanto realizzato finora (la Regione altrimenti lo bloccherebbe, per evitare guai con la Corte dei Conti) e preveda tempi certi per la conclusione del cantiere.
L'amministrazione comasca dovrà giocare al meglio le proprie carte. Ma l'ultima parola spetterà, ancora una volta, alla Regione, e i comaschi sperano di non trovare a Milano un (altro) muro. Leggendo le ultime dichiarazioni dei tecnici sui danni causati dal cantiere verrebbe da dire: basta il buonsenso. Non sarà così semplice.
Nel frattempo, e non è un dettaglio, resta ancora irrisolto il nodo del primo lotto, quello verso i giardini a lago. Aperto provvisoriamente grazie a Gianluca Zambrotta due estati fa, da un anno a questa parte è di nuovo desolatamente sbarrato. I lavori in quel tratto, però, sono sostanzialmente finiti. A Lucini, quindi, il compito di restituire in via definitiva la zona ai comaschi e ai turisti, per la prossima stagione (per gli arredi e l'illuminazione potrebbe essere utilizzata una parte del piano dell'architetto Cino Zucchi, che aveva vinto il concorso di idee poi finito nel nulla). In caso contrario, inizierebbero a piovere fischi anche per lui. Come quelli rimediati da Stefano Bruni a più riprese negli ultimi mesi del secondo mandato.
Ultima sfida - non certo in termini di importanza - la risoluzione del contenzioso con l'azienda che ha vinto l'appalto per il cantiere delle paratie. Fondamentale per far tornare operai e mezzi sul lungolago, con un nuovo progetto da realizzare.
Il conteggio è arrivato a cinque estati senza lago. Insieme ai palazzi, stanno sprofondando anche i comaschi. Dalla vergogna. Guardano la passeggiata e chiedono fatti.

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