Recentemente due economisti americani, Daron Acemoglu e James A. Robinson, hanno pubblicato un libro che si intitola "Why Nations Fail". Indaga i fattori che spiegano perché alcuni Paesi conoscono il successo economico, la prosperità ed altri no. Secondo gli autori non si tratta di differenze geografiche, di strategie economiche o diversità culturali. Sono le istituzioni che fanno la differenza. I Paesi governati da istituzioni che favoriscono le oligarchie vuoi economiche, come in Russia, vuoi politiche, come in Italia, scoraggiano il cambiamento e, quindi, il progresso economico. Sono Paesi le cui istituzioni promuovono la burocrazia, l'incertezza del diritto, il clientelismo ed il nepotismo, cioè le caratteristiche tipiche delle società arretrate-società arroccate nella difesa di quello "status quo" di cui si avvantaggiano solo una minoranza di cittadini, quelli che hanno paura di perdere i propri previlegi e misurarsi con le incertezze della competizione.
È difficile in questo senso essere ottimisti sul futuro dell'Italia. Che dire, infatti, di un Paese dove fra ordini, albi professionali e regolamenti vari qualsiasi professione, dal medico al podologo, è regolata dallo Stato, ovviamente a beneficio di chi la esercita? Siamo ancora il Paese delle corporazioni medievali.
E che dire della nostra produzione legislativa: migliaia di leggi, leggi che rimandano ad altre, che derogano da altre, che invece di introdurre norme generali si disperdono in un rivolo di eccezioni ed esenzioni. Leggi che favoriscono l'arbitrio e l'incertezza.
Il nostro Paese deve smettere di avere bisogno degli sportelli unici, delle corsie preferenziali e delle cabine di regia. Deve, invece, mettere ordine nelle proprie leggi, per semplificarle in base al principio che l'interferenza dello Stato nella vita del cittadino deve essere minima e giustificata da una seria (e non pretestuosa) prevalenza dell'interesse pubblico su quello individuale. È un lavoro da svolgersi serratamente, ma ordinatamente, a differenza di quello surreale, da film dei fratelli Marx, svolto dal ministero per la Semplificazione normativa a suo tempo guidato da Roberto Calderoli. Ed è un lavoro che in pochi mesi si può riuscire a fare: l'assemblea costituente impiegò solo sei mesi a redigere la Carta costituzionale.
Oggi lo Stato italiano può fare al cittadino ciò che fra privati sarebbe inconcepibile, invade la vita quotidiana in ogni suo aspetto, produce leggi la cui applicazione è spesso arbitraria ed incerta. In televisione ci siamo inventati il Grande Fratello. Non ne avevamo bisogno, perché uno stato invadente e tirannico come quello di Orwell lo sperimentiamo tutti i giorni.
L'agenda della prossima legislatura, quella su cui misurare i contendenti in campo dovrà essere fatta di diversi capitoli, accomunati però da un fondamentale principio d'azione: trasformare gli italiani in cittadini di uno Stato e non sudditi di un sovrano.
di Guglielmo d'Occam
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