L'Italia, si sa, è il Paese in cui Tomasi di Lampedusa va sempre di moda. Figuriamoci dopo un'elezione in Sicilia. Il Gattopardo, in questo caso, allunga gli artigli dall'isola al resto del paese. Bisogna che tutta cambi a Palermo perché nulla debba cambiare a Roma.
Questo risultato sembra il miglior viatico per trasformare Mario Monti in una sorta di Faraone di palazzo Chigi. Chi riuscirà a sfrattarlo dopo che il Pd ha scoperto l'ineluttabilità di un'alleanza con l'Udc che somiglia tanto, sia pure in versione ridotta causa corposa emorragia di consensi, a quella solidarietà nazionale tra Dc e Pci voluta da Aldo Moro?
Proprio il sangue elettorale disperso dalla politica anemica e in parte trasfuso nell'antipolitica, sia attraverso l'astensione, sia per mezzo del movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, consentirà ai tecnici di rimanere in sella anche dopo il voto del prossimo aprile, comunque vadano a finire le primarie del Pd e di quel che resta del PdL.
L'analisi dei dati è inclemente. Nel 2008 i due principali partiti, quelli oggi condotti pro tempore da Bersani e Alfano, coprivano il 70% dell'elettorato. Dopo l'apertura delle urne sicule il consenso complessivo si è ridotto di tre quarti tenendo conto che un isolano su due domenica è rimasto a casa.
Di fronte a questi numeri e alla quasi estinzione di due fieri oppositori del governo tecnico quali il Sel di Vendola e l'Idv del casalingo Di Pietro, (il polso flebile della Lega sarà presto tastato con il voto anticipato in Lombardia), ha avuto buon gioco il premier nell'ostentare come il suo esecutivo esecrato dei cittadini sia più popolare dei partiti, nessuno escluso.
Monti non è uno che ha l'abitudine di parlare a vanvera. Il suo fendente viaggia in più direzioni. Verso il Cavaliere e il suo crepuscolare ukase sulla sfiducia. Ma anche in direzione di coloro che pensano di appropriarsi della sua poltrona dopo il voto di aprile. A oggi, paradossalmente, la sola alternativa al premier in carica è Grillo (con la o, non il ministro dell'Economia). La sola idea di vedere il comico prestato alla politica vis a vis con Angela Merkel fa però impallidire i calambour del Berlusca. Dato che per il Pd è imprescindibile la stampella di Casini e che Pierfurby resta aggrappato a Monti nella speranza di salire lo scalone del Quirinale (chissà come mai proprio ieri Vendola ha lanciato Prodi...), il gioco è presto fatto, con l'Europa pronta a spellarsi le mani e mollare un po' le vele dello spread.
Certo, magari con una legge elettorale ad hoc, il destino potrebbe prendere un'altra direzione. Ma ormai il massimo che si potrà portare a casa è una sorta di Porcellum emendato e rammendato.
La vittoria dei tecnici, magari salutare per l'Italia, è un altro terribile schiaffone alla cattiva politica che ci hanno propinato negli ultimi anni questi signori, ora destinati a rosicare e a rassegnarsi a raccogliere le rare briciole che cadranno dalla tavola del faraone Monti. È il Gattopardo bellezza.
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