L'Italia dei valori è finita domenica sera a Report. Mediaticamente siamo morti. Siamo vittime di un killeraggio. Non entriamo in Parlamento».
Deve essere molto dura, per l'uomo che affondò la Prima Repubblica sulle note della fantara mediatica, con Paolino Brosio che suonava il piffero davanti al Tribunale di Milano, dover ammettere che ora tutta quella gloria, e il partito che ne è nato, rischia di andare al camposanto accompagnato da un'altra fanfara mediatica, quella che si e' scatenata dopo il programma (...)
segue a pagina di Milena Gabbanelli che ha fatto, con puntiglio e perfidia, i conti in tasca ad Antonio Di Pietro. L'intervista rilasciata ieri dall'ex pm e leader (o padre padrone) dell'IdV ha colpito tutti, per il suo tono drammatico e sconsolato:
Tonino Di Pietro, l'ex simbolo di Mani Pulite e fondatore di un partito personale e populista, da vent'anni esatti può essere amato oppure odiato. Ma da qualsiasi parte della barricata si sia schierati, è innegabile che se Di Pietro finisse travolto, come rischia, da scandali di denari e politica, di malagestione dei fondi di partito, si tratterebbe di un caso di nemesi storica da scrivere nei libri, tanto apparirebbe perfetta.
Ma il punto piu' interessante non sta qui. Il punto vero del disastro, che Di Pietro ha ammesso con invidiabile sincerità è interamente politico. Ed è questo: a che cosa serve, oggi, l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro? Adesso che c'è il governo tecnico; adesso che non c'è più Berlusconi contro cui abbaiare; adesso che tutti i partiti "puliti e morali" nati con la Seconda Repubblica fondata (anche) da Tonino Masaniello sono crollati nell'ignominia del magna-magna; adesso, infine e soprattutto, che a recitare la parte che e' stata dell'ex pm per tre lustri è arrivato un altro: Beppe Grillo.
E adesso?, come direbbe Renzi? Adesso c'è che Di Pietro è tutt'altro che un contadino "pane al pane". E' un politico abile. Ha già preso atto del baratro che si avvicina. E sta pensando al contrattacco. Ieri l'ufficio di presidenza del suo partito ha deciso per un congresso in cui rifondare tutto da capo. Ma che ci riesca è parecchio improbabile. Senz'altro non ci crede lui, che infatti gia' parla di un partito morto e di un nuovo movimento da fondare: forse, lo ha lasciato intendere in un'intervista a Repubblica, unendosi alla Fiom di Maurizio Landini, e soprattutto strizzando l'occhio a Beppe Grillo. E qui viene la parte più interessante e complicata della faccenda: Beppe ora ha voti e immagine, Tonino no. Ma Beppe non è fesso, sa che l'esperienza di Tonino può essere utile e così ieri l'ha buttata lì: voglio mandare Di Pietro al Quirinale. Idea improbabile, ma di quelle che fanno un bel baccano.
Di certo c'è solo che l'area che Fiom e IdV, e anche Prc, rappresentano al momento non ha chance di entrare in Parlamento senza unirsi. E qualsiasi cosa, per Di Pietro, è oggi meglio di finire rottamato dal suo partito o messo all'angolo da qualche moralizzatore più spietato di lui.
Maurizio Crippa
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