Il centro
e la sinistra
alleati
per forza

  Le elezioni presidenziali americane hanno colpito il nostro mondo politico per il fair play dimostrato da Barak Obama e Mitt Romney. Stupore giustificato se si considera quanto sta accadendo qui da noi sulla riforma elettorale: sospetti di opportunismo e delegittimazioni che avvelenano il clima della trattativa e rischiano di compromettere il risultato finale.
Non a caso ieri Mario Monti, con l'implicito sostegno del Quirinale, aveva minacciato un intervento del governo se il dibattito si trascinerà senza sbocchi. Una dichiarazione abbastanza anomala che tradisce soprattutto la preoccupazione di palazzo Chigi e del Colle che alla fine si vada a votare con il famigerato Porcellum.
È una prospettiva che potrebbe non dispiacere al Pd, indicato da tutti i sondaggi quale prossimo vincitore delle elezioni e dunque principale beneficiario di un premio di maggioranza che lo porterebbe al 55% dei seggi insieme a Sel di Vendola e al Psi di Nencini. Secondo alcune indiscrezioni il Pd avrebbe anche tentato di convincere Pierferdinando Casini a tenersi il Porcellum e rinviare la riforma alla prossima legislatura, all'interno di un patto di legislatura per il 2013. Ma è una prospettiva che deve avere allarmato i centristi che non si fidano di un Pd prenditutto.
Ciò spiega perché l'Udc alla fine abbia ceduto al "richiamo della foresta", votando insieme al Pdl e alla Lega una bozza che prevede il premio di maggioranza alla lista o alla coalizione che raggiunga almeno il 42,5% dei voti: soglia lontana dalle potenzialità dell'alleanza Pd-Sel-Psi e che induce il segretario pd a sospettare un complotto contro il suo partito.
Ci sarebbe da chiedersi, chi è che non vuole far governare il Pd. Sembra trattarsi più che altro di una polemica a sfondo elettorale, anche perché il negoziato prosegue e potrebbe chiudersi con un abbassamento della soglia per ottenere il premio di maggioranza al 40%; se nessuno la raggiungerà, potrebbe allora scattare un "premietto" del 10% per il partito più votato, secondo la proposta D'Alimonte.
Ma il vero punto politico è un altro: il sistema che si va delineando renderà di fatto impossibile governare alla sinistra senza un accordo con il centro. Ed è questo l'obiettivo prioritario di Casini per garantire la sopravvivenza del montismo. Bersani teme una palude da cui non verrebbe comunque fuori un Monti-bis ma l'ingovernabilità. Salvo che, in via emergenziale, non si ritornasse alle larghe intese, l'unica formula politica che a ben vedere potrebbe garantire al Pdl una sopravvivenza politica nel dopo Berlusconi.
Naturalmente si tratta di scenari prematuri, soprattutto perché non si sa quale sarà il peso del movimento di Beppe Grillo. Di qui la necessità di riformarla senza indugi, insiste da tempo il capo dello Stato.. L'impressione è che occorra ancora attendere le grandi manovre nel Pdl e nel Pd e le rispettive primarie.
Pierfrancesco Frere

© RIPRODUZIONE RISERVATA