Il dibattito sulla legge elettorale, pur importante sotto il profilo del "tasso democratico" di un sistema politico, tende ad occultare il vero, grande problema che affligge le moderne democrazie, quello, cioè, della forma-partito.
L'Italia non è da meno. Da tempo, infatti, nel panorama politico del nostro paese risultano dominanti due modelli, uno di natura oligarchica e l'altro di natura carismatica. Storicamente la sinistra italiana ha sempre celebrato il ruolo-guida del partito come avanguardia del "proletariato in cammino". Occorre ammettere che, come è accaduto in altri paesi anche in Italia il marxismo ha permeato in modo significativo la nostra cultura politica, sia nel lessico che nelle modalità di organizzazione dell'attività politica.
La stessa Democrazia Cristiana finì per mutuare le sue forme organizzative surrogando la componente ideologica con una chiara ispirazione confessionale: per decenni, l'unità dei cattolici ha fatto da contraltare all'unità del movimento operaio.
Bisogna riconoscere che, malgrado le incontestabili evoluzioni culturali, la sinistra italiana non ha mai completamente abbandonato quel modello originario che, con grande orgoglio identitario, l'ortodossia marxista usava definire "centralismo democratico". Era questo il tratto peculiare di un partito che, per preservare la propria unità interna, non esitava a dare l'ostracismo a chiunque avesse osato violarla.
Questo dice la Storia, al di là di ogni settarismo e faziosità. Malgrado la profonda trasformazione, anche l'attuale Partito Democratico resta un partito a forte connotazione oligarchica, come ha dimostrato il recente braccio di ferro con Matteo Renzi sulle primarie.
Sul versante opposto, estintasi per consunzione (o per autocombustione, che dir si voglia) la Democrazia Cristiana, abbiamo assistito all'avvento di Berlusconi che ha riesumato la tipologia weberiana del partito carismatico. La televisione ha contribuito a realizzare una versione inedita di questo modello consentendo la trasformazione del paese in un immenso agorà chiamato a celebrare la glorificazione del leader.
Se nel modello oligarchico il dissenso vige solo all'interno dell'apparato, nel modello carismatico semplicemente non esiste. Le due tipologie organizzative risultano, in tal modo, accomunate da un grave deficit di democrazia interna.
La politica italiana, ha bisogno, pertanto, di sperimentare nuove forme di organizzazione dell'attività politica al fine di ridare nuova linfa ai partiti senza i quali, non va mai dimenticato, non potrebbe esistere una vera democrazia.
La verità è che, nella loro attuale struttura, questi partiti appaiono ormai inutili anticaglie. Il rilancio della partecipazione del cittadino non passa, pertanto, solo dalla legge elettorale ma dalla necessità di riformare i partiti in senso "autenticamente" democratico.
In caso contrario, anche le primarie sono soltanto un espediente per rubare il proscenio all'avversario o per conservare intatte le vecchie modalità di reclutamento che premiano la fedeltà ai capi e il servilismo dei furbi, come capita di vedere nel cuore dell'impero e, purtroppo, anche nelle sue più lontane periferie.
Antonio Dostuni
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