Il ritorno
di Silvio
e l'Italia
dei servi

  I servi sono sempre peggio dei padroni. A pensarci bene, il ritorno sulla scena di Berlusconi non è che sia poi questa gran notizia.
Conoscendo il personaggio, solo un illuso avrebbe potuto pensare che avrebbe mollato la presa per ritagliarsi il ruolo di padre nobile di una destra europea e non antisistema che avrebbe collaborato con una sinistra socialdemocratica per tirare fuori l'Italia dal pantano e tutte le altre banalità propinateci dai nostri meravigliosi opinionisti che predicano sempre e non ne azzeccano mai una, che altro che rottamazione dei politici: è quella dei giornalisti tromboni la vera emergenza nazionale.
E infatti, alla fine, siamo tornati al vecchio schema, il solito. La sinistra tutta a sinistra ben coperta da magistrati e Cgil, il centro sempre più melmoso e in perpetua attesa di qualche giovane settantenne che abbia finalmente il coraggio di scendere in campo, la destra populista e stracciona che noi siamo quelli che lavorano sodo nella fabbrichetta e non abbiamo tempo di studiare, gli eversivi (ieri la Lega, oggi Grillo, domani chissà) che fanno proselitismo con video sbraitanti che sembrano spediti dalla grotta di Bin Laden, presidenti della Repubblica che non dovrebbero contare niente e invece si occupano di tutto, peones che, mentre gli pseudostatisti si azzannano in tivù, si mangiano le gambe del tavolo nel disinteresse generale, disperati che si arrampicano sui tralicci, trentenni fuoricorso che ululano contro lo Stato che gli ha rubato il futuro, ministeriali polverosi che non è vero che qui si ruba lo stipendio, cronisti piazzaioli con i capelli unti e il fervorino sempre in tasca, eccetera eccetera. Insomma, la solita solfa. Il solito paese di serie c, la solita italietta da avanspettacolo, la solita campagna elettorale da dopoguerra… E se è così, ed è tragicamente così, allora l'unica nota di rilievo - non nuova, certo, ma stupefacente per repentinità e spudoratezza - è l'ondata di servilismo su cui sta galleggiando la sesta candidatura di Berlusconi. Lo spettacolo degli ultimi giorni, per quanto in questi anni ridicoli e disperati si sia già visto di tutto, è stato di quelli incredibili. Da ricordare. Da tramandare. Da raccontare ai nipoti, con il plaid sulle ginocchia davanti al camino, ribadendo con un certo orgoglio "io c'ero". Ora, di Berlusconi si può pensare tutto quel che si vuole e si può pensare anche malissimo - e quel malissimo se lo è meritato in un ventennio di grandi balle e di nessun risultato - ma una corte dei miracoli del genere non se la merita neanche un fanfarone come lui. Certo, è un mostro che ha creato e pasturato, ma neppure lo scienziato pazzo è giusto che venga sbranato dal suo Frankenstein.
Che gente. Che mostri. Il ritorno degli zombie. Ferrivecchi di Forza Italia, quarte file del Psi, quinte file della Dc, postfascisti saltati fuori dalle fogne, avvocaticchi forforosi, traffichini, ragazzotte tacco dodici, intellettualesse della magna Grecia, amazzoni da avanspettacolo, formattatori da circolo Pickwick e che facce, che tailleur, che cravatte - Dio che cravatte -  e tutti lì a trillare, a pigolare, a cinguettare, a sbausciare e quanto è unico il nostro Cavaliere e che il leader sia lui è un dato incontrovertibile ed è lui il campione uscente e non esiste Pdl senza di lui e per fortuna che Silvio c'è e tutto il resto della paccottiglia di regime già nota e stranota ma ancor più insopportabile visto che in questo anno di limbo tecnico quasi tutti questi personaggi in cerca di autore hanno maldestramente tramato per ritagliarsi un ruolo nell'Italia del futuro, visto che Berlusconi lo consideravano ormai cotto e bollito.
Ora, visto che il servilismo non è esclusiva del centrodestra ma del tutto trasversale, che dopo aver visto un Porta a Porta dedicato al Bersani trionfatore delle primarie ci son volute due docce per liberarsi dalle colate di saliva che grondavano dalle domande di cotanti giornalisti tutti d'un pezzo, è evidente che qui la politica non c'entra più nulla. Qui si sta parlando di noi. Noi esseri umani. Noi e la nostra essenza melliflua. Perché nel vedere dei cinquantenni, delle ex liceali, degli anziani leccare i piedi al padrone del vapore in maniera così plateale, a uno spirito candido, a un bifolco venuto giù dai bricchi del Resegone fanno venire in mente una sola domanda, ridicola nella sua assoluta ingenuità: ma non vi vergognate? Ma siamo davvero disposti a tutto per uno strapuntino? Tradire, tornare, tradire un'altra volta, fare un passo, farne un altro, fare una giravolta, farla un'altra volta, farsi prendere a torte in faccia, lo schiaffo del soldato, il protagonista della cena dei cretini, spazzolargli la giacca, farsi mandare a prendergli il caffè, srotolarsi come uno zerbino, mangiare un tordo intero, applaudire la Corazzata Potemkin? Siamo questi? E' questa la pasta di cui siamo fatti? Perché siamo così? Neanche un pizzico di personalità, di amor proprio, di rispetto di sé e di chi ti vuole bene. Di orgoglio, che sarà anche uno dei peccati capitali, ma è anche il segno indelebile che distingue gli uomini dai servi. E invece niente. Niente di niente. Là, in quel mondo di marziani, di gente evoluta, di gente del nord, c'è un'infermiera - la notizia più commovente del mese - che si è uccisa per la vergogna di essersi lasciata ingannare da uno scherzo telefonico contro la Regina. Non ha retto all'umiliazione, allo sgretolamento del senso dell'onore, della dignità. Qui vedi ministri trattati dal boss come sguatteri in mondovisione e questi se la ridono tutti contenti. Che  pena.
Un solo appello a tutti questi italiani - di destra, di sinistra e di centro - di cui non ci vergogniamo mai abbastanza, forse perché sentiamo il loro morbo lurido pulsare anche dentro di noi. Un appello infantile e disperato, ma puro. Per favore, fermatevi prima di leccare l'ennesima scarpa, fermatevi per carità: davanti alla televisione ci sono i vostri figli che vi guardano e si vergognano di voi.

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