Se a Como
il privato
ci mette
una pezza

Il pessimista legge la notizia dell'impegno degli albergatori del lungolago per uscire dall'impasse in cui il mefitico cantiere delle paratie ha cacciato la città e commentano: l'ennesima sconfitta della pubblica amministrazione.
L'ottimista ci pensa un po' su e poi chiosa: finalmente qualcuno che non si ferma appena oltre la soglia del lamento.
Che voi siate ottimisti o pessimisti può apparire difficile scegliere se sorridere o adombrarsi di fronte al contributo economico del privato per mettere le pezze a un progetto voluto dal pubblico.
Sarebbe bello, se non altro per reazione a un generalizzato clima di pessimismo cosmico, giocare per una volta la carta del bicchiere mezzo pieno. Ricapitoliamo. Il lungolago di Como è sotto scacco da quasi cinque anni a causa del cantiere per le paratie, tra muri eretti e poi abbattuti a furor di popolo, inchieste giudiziarie e una voragine - nei conti pubblici - che ha superato di slancio i venti milioni di euro. Risultato: lavori fermi. E lo spettacolo più bello offerto dalla nostra città tramutato da un re Mida in preda a crisi d'identità nella sua onta peggiore.
In questo marasma qualcuno ha deciso di abbandonare il proprio ruolo del suddito insoddisfatto, nauseato e furente - e già questa è una notizia - per vestire i panni del cittadino desideroso di uscire dallo stagno.
Poco o molto che sia il finanziamento assicurato dagli alberghi del lungolago al Comune, per approdare finalmente a uno studio di fattibilità credibile che consenta di restituire alla città la sua più bella passeggiata (ne dà notizia a pagina 33 il solito puntualissimo Michele Sada), l'idea che il privato decida di mettere mano al portafoglio per cucire una pezza sul pasticcio aperto dalla pubblica amministrazione è di per sé una buona notizia. Abituati per genetica a giocare l'arma della recriminazione, dei musi lunghi, della delega sempre e comunque agli altri, siamo travolti dalla meraviglia quando c'è chi sceglie di alzare la testa e imbocca una strada differente.
E stupisce positivamente - anche se per motivi un po' più contorti - il fatto che il Comune abbia stretto la mano tesa, anziché morderla com'è avvenuto in passato. Quando, l'esempio è preso quasi a caso, tanto per non spostarci dal lungolago, il buon Gianluca Zambrotta ricevette a casa un simpatico avviso del Comune a pagare la tassa di occupazione del suolo pubblico per aver avuto l'ardire di restituire per un'estate, ai comaschi e ai turisti, la passeggiata deturpata dallo scempio del cantiere voluto - e poi trasformato in un rebus irrisolvibile - dall'amministrazione.
Sulle paratie si è scritto e detto di tutto e di più. Al punto che sarebbe bello potersi svegliare domani con una soluzione definitiva, per non essere ancora una volta costretti a fare la conta dei giorni sprecati nell'attesa vana della parola fine. Eppure la disponibilità di alcuni privati nello sciogliere un noto causato dall'ente pubblico è una storia che sa di nuovo e che è bello poter raccontare.
Ha il gusto della ricetta, della via d'uscita da ciò che non funziona, dell'inedita alleanza che va oltre le divisioni, le differenze, le recriminazioni per seguire un orizzonte sconosciuto: la soluzione di un problema.
Questo, ovviamente, è però solo il punto di vista degli ottimisti. Poi c'è l'altra faccia della medaglia. Il bicchiere mezzo vuoto. I "ma" e i "però". Che, almeno per oggi, è bello poter ignorare.
Paolo Moretti

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