La follia
che spegne
una luce
di speranza

  Arriva, accolta con l'incredulità e l'orrore, che accompagna sempre episodi così inquietanti e dolorosi, la notizia di un'altra strage in una scuola americana, con un bilancio pesantissimo, non ancora ufficiale: si parla di ventisette vittime, di cui venti bambini.
L'aspetto più terribile è che l'edificio scolastico, circondato da un bosco, in una tranquilla cittadina ad un centinaio di chilometri a nord di New York, ospita una scuola dell'infanzia e una scuola elementare, quindi ragazzini di pochi anni che improvvisamente sono stati coinvolti in momenti di terrore, hanno avuto paura di poter perdere la vita, magari qualcuno ha visto in faccia l'uomo vestito di nero, forse il genitore di uno di quegli stessi bambini, puntare la pistola e sparare all'impazzata. Senz'altro hanno sentito che cosa stava succedendo e già questo è un trauma grande per un bambino, un trauma che resterà nella loro memoria e potrà portare magari, qualcuno, anche a sofferenze esistenziali.
Le notizie giunte fino ad ora risultano frammentarie: si parla di un complice che è già stato arrestato, di una donna, insegnante nella stessa scuola, trovata morta nella sua abitazione e alcune fonti riferiscono che sia la madre del giovane folle e criminale, che un giorno qualsiasi, in prossimità delle vacanze natalizie per di più, decide di spegnere le luci della speranza o più semplicemente l'attesa di una festa molto sentita dai bambini, su uno schermo nero, sulla percezione di un male che permette una "strage degli innocenti" immotivata, così come lo sono tutte le stragi.
Usiamo il termine "immotivato" perché è doveroso ricercare i colpevoli di questa brutale incursione in un luogo che non dovrebbe essere contaminato dalla macchia di un male così grande. È anche giusto scoprire identità e ragioni di chi ha compiuto questo gesto, sapendo però che nessuna ragione e nessuna motivazione potrà, anche minimamente, spiegare la strage stessa: il ragazzo vestito di nero, trovato tra le vittime e identificato come l'autore della strage ha agito per vendicare dei rancori personali? Ha premuto più volte all'impazzata per semplice follia? Voleva rivendicare qualche diritto?
Al momento non lo sappiamo, ma anche essere a conoscenza dei motivi che lo hanno indotto a compiere il gesto non può restituire la vita ai bambini morti, la pace interiore ai genitori che hanno perso il proprio bambino in modo così assurdo, ai bambini sopravvissuti e usciti sani e salvi dalla scuola, portandosi dentro le esplosioni di quegli spari come segni di paure che turberanno i loro sogni e che potrebbero anche avere ripercussioni sulla loro futura vita scolastica, perché si dimentica in fretta un litigio tra bambini, ma diventa difficilissimo cancellare dalla propria memoria momenti così terribili, vissuti in prima persona. Per loro quegli spari non erano quelli di un film d'azione, sono diventati la concreta dimensione dell'incubo in cui si sono trovati, senza motivo, senza ragione alcuna.
I primi commenti puntano il dito sulla facilità di procurarsi le armi in America: certamente leggi più restrittive sarebbero comunque utili, ma non è questo il punto sostanziale della questione. L'uomo è dotato di ragione e di coscienza, ha delle regole morali da rispettare, soprattutto quella di non uccidere, per nessun motivo, perché nessuno lo ha legittimato a compiere quel gesto. È questo che va ricordato, anche se sembra una cosa ovvia: quanto la vita sia sacra ed inviolabile e non debba essere messa in pericolo per nessuna ragione. L'assassino vestito di nero, distruggendo tutto, da se stesso agli innocenti che ha ucciso o ferito psicologicamente, non può trovare giustificazioni al suo gesto, aggravato dal fatto di aver scelto di sporcare con una enorme e imperdonabile traccia di sangue la bellezza di un'infanzia, che sta a significare la speranza del futuro, attraverso la crescita.
Fulvio Panzeri

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