Una volta il treno lo prendevano quelli che «non volevano essere da meno», come il personaggio che portava la cravatta dell'Upim con l'accento sulla i di una vecchia canzone di Enzo Jannacci.
Oggi che anche l'Upim (senza accento) è finita nell'armadio delle cose perdute, il treno lo prende chi proprio non può farne a meno. Soprattutto dalle nostre parti. Mai come in questi giorni salire su un convoglio di Trenord e delle Ferrovie dello Stato è stata un'avventura letteraria da racconti della frontiera e con un finale aperto. Nel senso che proprio non si sapeva come sarebbe andata. Non si sapeva come sarebbe andata. Se i convogli statali potevano almeno accampare la scusa della neve e del gelo, invero un po' ottocentesca in pieno terzo millennio, le tradotte regionali hanno concluso quella che è stata per i pendolari la peggior settimana della loro vita. Almeno si spera perché al peggio, come ai ritardi di Trenord, non c'è mai fine.
È successo davvero di tutto in questi giorni. Il sistema informatico che sembra essere stato progettato da Spennacchiotto (l'inventore malvagio e un po' maldestro, rivale di Topolino), il presidente Biesuz agli arresti e, dulcis in fondo, un bello sciopero domenicale del sindacato Orsa che ha fatto il plantigrado davvero, mettendo su un muso tale da bloccare la circolazione dei treni per l'intera giornata. Sullo sfondo sussurri di uno sciopero bianco dei macchinisti nella parte del colpo di grazia e un sistema informativo in linea con l'andazzo dei convogli che, a richiesta di lumi sui treni (non) circolanti, spediva l'utente a controllare in stazione.
Ci sono alcuni pendolari che asseriscono di aver notato una coppia di Maya salire a Saronno per fare le prove della fine del mondo. Altri, più scafati e disillusi sono pronti a smentirli: se il parametro sono le Nord, il mondo dovrebbe essere terminato tante di quelle volte...
Eh sì, perché i convogli lombardi che sono finiti in questi giorni sotto i riflettori nazionali, stanno sempre davanti alla lampada degli sventurati pendolari a cui è somministrata una dose quotidiana di ritardi e disservizi.
Ed è peccato. Perché il sistema ferroviario regionale rappresenta una grande e storica occasione mancata da un ceto politico che anche in questo caso ha dimostrato scarsa lungimiranza.
Le Nord e le Ferrovie dello Stato, integrate dal passante milanese (una delle poche infrastrutture azzeccate degli ultimi quattro lustri di governo della Regione) avrebbero potuto infatti costituire un efficiente sistema metropolitano di collegamento tra Milano e la periferia lombarda e all'interno di città come Como, condannate alla congestione da traffico. Se si fosse guardato un po' meno ai Consigli di amministrazioni e a investimenti ciclopici quasi mai in sintonia con le esigenze reali dei territori attraversati dai binari, nell'epoca in cui le risorse non mancavano, il sistema ferroviario regionale sarebbe potuto diventare un formidabile strumento di sviluppo e di miglioramento della qualità della vita. E il treno l'avrebbe preso anche chi potrebbe farne a meno ed è solito portare cravatte griffate.
Nell'agenda del prossimo governo regionale, annunciato da un vento impetuoso di cambiamento, il punto del sistema dei trasporti deve essere giocoforza tra primi. Purtroppo con la penuria di fondi si potrà davvero fare poco. L'importante è almeno evitare una deriva che porti i treni su un binario morto.
Francesco Angelini
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