Non siamo in un salotto televisivo. Barbara D'Urso non la si vede neppure a distanza e, dovesse comparire, svieremmo il discorso chiedendole chi "le si è fidanzato" nelle ultime ore. Ancora più importante: non facciamo campagna elettorale. Non per la sinistra. Non per la destra. Non per il nuovo che avanza (se c'è), certo non per il vecchio che dovrebbe ritirarsi e si rifiuta di farlo. Diciamo solo la nostra, come si conviene a chi, ogni tanto, spunta in testa un'opinione e, per la sorpresa, corre a farlo sapere a tutti.
L'opinione è maturata giusto ieri alla scadenza di una certa tassa chiamata Imu. Milioni di italiani l'hanno pagata, assicurando allo Stato un gettito, indispensabile, di 24 miliardi di euro, di cui 13 versati in questi giorni a saldo.
Le cifre complessive, nella loro vastità, non sono mai eloquenti quanto quelle, molto più piccole ma infinitamente più significative, che vanno a intaccare il bilancio familiare di ognuno di noi. Centinaia di euro, versati a beneficio dell'erario, a tutela degli enti locali e, in ultima analisi, a lubrificante della macchina statale, centinaia di euro, dicevamo, dovuti per controbilanciare il "privilegio" di possedere una casa.
Lo diciamo perché ci sta qui: con tutta la comprensione per le esigenze della finanza pubblica, nazionale e locale, tassare la casa - la prima soprattutto, quella che per ognuno fa tetto e nido - se non si può chiamare sopruso quanto meno sarà lecito definirlo colpo basso. Con questa macchia era nata l'Ici, con lo stesso peccato originale si è trasformata in Imu.
Vorremmo fermarci qui, perché sbandierare la richiesta, quando non addirittura ventilare una promessa, di abolizione dell'Imu è roba da politici in campagna elettorale e politici noi non siamo. Non si può invocare l'eliminazione di un tributo che consegna allo Stato 24 miliardi senza individuare un meccansimo alternativo capace di rastrellare una somma almeno compatibile con quella perduta. Sulla base dell'esperienza maturata quest'anno, facendo tesoro dei bozzi che ci siamo ritrovati in testa in seguito alla stangata e considerando il grado medio di difficoltà in cui si dibattono le famiglie italiane, diciamo allora che, almeno per quanto riguarda la prima casa, l'Imu va rivista e anzi, tanto per rimanere in ambito edilizio, ristrutturata.
Aggrappandosi alle proprietà immobiliari, l'Imu ha prelevato sostanza dalla carne viva dei contribuenti e, valutata sotto un profilo squisitamente fiscale, non c'è dubbio che sia stata un successo. Adesso sarebbe il caso di renderla altrettanto efficace anche in fatto di equità e giustizia sociale. Un primo passo sarebbe quello di risintonizzarla con più cura sui casi in cui le abitazioni rispondono più a esigenze di svago e diporto che a quelle di una decorosa sopravvivenza. Un secondo, quello di considerare i redditi reali delle famiglie, gli impegni e le esigenze fondamentali di ciascun nucleo, prima di applicare, senza discernere, la formuletta che moltiplica aliquote e redditi catastali.
Così, tanto per non dover concludere, come fece quel medico un poco spocchioso, che l'operazione di salvataggio delle finanze è riuscita ma il paziente è morto.
Mario Schiani
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