Duemila miliardi di debito son tanti: 33 mila euro a persona. Son lì e si vedono tutti. Ma l'impegno dello Stato non finisce al 31 dicembre del 2012. Va oltre. Vi è anche un'altra parte di debito nascosta e intangibile nell'immediato. Gli impegni assunti con l'emissione a breve, a medio e a lungo termine di buoni del Tesoro sono verificabili e appunto su questo i mercati battono. Ma vi è anche un'altra parte che rimane nascosta. C'è voluta una ricerca dell'Università di Friburgo in Germania per portarla alla luce. Sono le pensioni, la spesa sanitaria, l'assistenza sociale. Non quelle di oggi ma di domani. Interventi che devono essere sostenuti nel tempo perché indispensabili ai cittadini ma che non vengono all'oggi calcolati. L'Italia a fronte di un 118,4% ha un carico implicito, cioè di impegni assunti da onorare, nell'ordine del 27,6%. Quindi il 146%, il più basso in Europa. Dati al 2010.
Dunque l'Italia si trova a guidare i Paesi più virtuosi. In piena contrizione nazionale per i salassi imposti dall'austerità, il Belpaese stupisce ancora una volta per l'imprevedibilità della sua condizione. In verità va dato atto al ministro Tremonti e ad alcuni economisti italiani l'aver rivendicato la sostenibilità nel tempo del sistema finanziario pubblico. Ma c'è voluto il marchio di fabbrica tedesco per smuovere gli scettici e riconoscere che i conti pubblici sono sotto controllo. In teoria. Perché tutto si misura sul prodotto interno lordo, e se questo non cresce i conti saranno anche sostenibili ma la miseria della condizione italiana aumenterà. Meno spesa sanitaria da parte pubblica e più costi a carico del paziente e della famiglia, più anziani ma meno assistenza con aumento di strutture di supporto private, pensioni erose dall'inflazione per gli anziani dell'oggi e miserevoli per quelli di domani (i giovani di oggi). Questo lo scenario, e sarà di poca consolazione il sapere che i conti sono a posto. Quindi una parola sola: crescere.
Per un'economia drogata da consumi, spesa pubblica e rendita, è necessario il salto al lavoro, all'impresa e agli investimenti. La ricchezza globale degli italiani si misura nel 2010 in otto volte il reddito disponibile contro l'8,2 del Regno Unito, l'8,1 della Francia e il 5,3 degli Stati Uniti. Il patrimonio delle famiglie si misura in beni immobili per il 62,8% contro il 37,2 dell'impiego finanziario. Il 90% degli immobili è di proprietà delle famiglie.
Dall'altro lato però tutta questa patrimonializzazione ha bloccato la crescita perché ha spinto a concentrarsi sulla rendita e quindi sulla staticità. L'italiano ha investito in beni privati quello che è riuscito a sottrarre alla mano pubblica in termini di evasione diffusa e sostenuta. La Guardia di finanza scrive alla fine del 2012 di 42 miliardi di evasione a fronte di un emerso di 900 milioni. E la corruzione ammonta a 60 miliardi. La vera differenza con i nostri partner sta appunto qui. Meno soldi ma più idee per lo sviluppo e la competitività. Ecco il nostro vero deficit.
Alberto Krali
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