Con lentezza e tra molte indecisioni si vanno precisando le posizioni di partenza in vista delle elezioni la cui data, pare ormai abbastanza certo, sarà fissata al 24 febbraio, data "tecnica" indicata dal ministro Cancellieri che più o meno soddisfa tutti, sia chi voleva ritardare il voto (Berlusconi) sia chi invece lo avrebbe preferito a metà mese. Dovremmo a questo punto arrivare all'approvazione definitiva della legge di stabilità tra oggi e domani e quindi finalmente allo scioglimento delle Camere. Ieri si è mosso qualcosa di significativo nel campo dei centristi e dei montiani: per la prima volta il presidente del Consiglio ha raccolto intorno a sé nell'ufficio di palazzo Chigi tutti coloro che lo invocano come leader: Casini, Montezemolo, Riccardi. La circostanza è significativa perché mai finora Monti si era scoperto a tal punto, e così Casini si è sentito autorizzato a dire:«ormai in cuor suo egli ha deciso». Cosa ha deciso? Probabilmente di benedire un movimento politico che a lui si richiama e che si impegna a perseguire nella prossima legislatura il programma di governo avviato nel corso del 2012, la cosiddetta "Agenda Monti". E' chiaro che il presidente del Consiglio non potrà candidarsi al Parlamento e come tale alla premiership, essendo già senatore a vita. Ma sembra certo che consentirà ai centristi di "usare" il suo nome: insomma, nascerà il partito montiano. Naturalmente i nodi di tale nascita non sono certo sciolti: ne farà parte l'Udc di Casini insieme ai vari movimenti che si richiamano al motto "Verso la Terza Repubblica". Ma non è chiaro per esempio se Gianfranco Fini farà parte della compagnia: è noto che tutta un'ala cattolica non vuole il fondatore di Alleanza Nazionale. Inoltre non si sa se e quanti esponenti "montiani" del Pdl, una volta che sia dato il via al movimento, proverà a trasmigrare su quelle sponde: saranno accolti? E' facile che Beppe Pisanu, Franco Frattini o Mario Mauro si ritrovino accanto a Casini, ma Alemanno? E Stracquadanio, tanto per fare due esempi?
Dalla parte dei "progressisti", come ama chiamarli Bersani, si ostenta sicurezza. La sinistra sente già la vittoria in tasca e, quando parla di dialogo con i moderati, lo fa sperando di poter conquistare l'autosufficienza dei propri seggi parlamentari, quantomeno alla Camera. Ma già al Senato la questione potrebbe complicarsi. E allora la domanda è molto semplice: se si proverà a mettere in piedi una alleanza sinistra-centristi-montiani dopo il voto, come si terrà insieme Vendola, che chiede di cancellare buona parte del lavoro svolto dai tecnici in quest'anno, e coloro che invece, insieme al professore Monti, pensano che la salvezza dell'Italia consista proprio nel proseguire il lavoro appena cominciato? Bersani si fida di qualche procedura di garanzia per poter decidere la linea politica: si vota tra parlamentari alleati e chi va in minoranza china la testa. Basterà? C'è poi da aggiungere il risiko delle poltronissime: Napolitano - che darà l'incarico - ha già detto chiaro e tondo che il governo lo formerà chi avrà vinto le elezioni, dunque un premier politico, e quindi - oggi prevediamo - Pierluigi Bersani. E Monti che farà? Si acconcerà ad occupare la carica di super ministro dell'Economia, come fece Ciampi nel 1996 con Prodi dopo essere stato egli stesso primo ministro di un gabinetto tecnico-politico? Da notare che Ciampi in quelle elezioni rimase rigorosamente neutrale, non prese partito e non benedì nessuno, tant'è che poi divenne anche Presidente della Repubblica. Osserva D'Alema: se Monti perde la neutralità e si schiera contendendoci i voti alle elezioni, questa strada è preclusa.
Terzo elemento, Berlusconi. Vedremo se il Cavaliere porterà a casa l'alleanza con la Lega. Per il momento siamo ancora alla trattativa, ma certo questo è l'elemento chiave per capire quale tipo di risultato potrà avere il centrodestra formato 2013 e se subirà o non l'onta di essere superato nella graduatoria dai descamisados che si radunano dietro l'ex comico Grillo.
Andrea Ferrari
© RIPRODUZIONE RISERVATA