Pm politici
Voglia
di ribalta
e illusione

  La notizia era nell'aria da tempo ma Pierluigi Bersani il colpo a sorpresa se l'è voluto tenere ben coperto fino al momento buono, guarda caso il  giorno dell'esordio della "lista Monti". La candidatura del procuratore anti-mafia Piero Grasso nelle liste del partito democratico è l'ennesima di un giudice, soprattutto - ma non solo - a sinistra. Candidatura di lusso, questa di Grasso, che prelude quasi certamente ad un ministero di primissima fila, la Giustizia o l'Interno. Il simbolo della lotta alla mafia  portato direttamente al governo, alla faccia del procuratore Ingroia. Già, perché il nome di Grasso servirà in campagna elettorale  anche a marginalizzare quella del giudice rosso-arancione che si candida a nome del fronte giustizialista. Grasso è  assai  diverso sia da Ingroia che da De Magistris (le sue indagini effettivamente  sono andate a sentenza), tanto  da essere  detestato da Marco Travaglio e da tutta la compagnia manettara  del "Fatto" e di Michele Santoro: l'accusa  che gli si rivolge è quella di barcamenarsi alla democristiana - sotto sotto di essere ancora vivo -  e di non proclamarsi "partigiano della Costituzione" come ha fatto Ingroia quando era ancora in servizio. Un'altra differenza con i suoi giovani colleghi  è che Grasso ha chiesto di andare in pensione, e dunque il suo è un biglietto di sola andata verso Montecitorio che non prevede il (discutibile) rientro nei ranghi della Giustizia.
Ma quanti  sono i magistrati in politica? Nel Parlamento uscente  erano 18, dieci senatori  e otto deputati, più o meno divisi a metà tra Pd e Pdl. Per quanto abbia sbraitato contro  le "toghe rosse" (Violante, Casson, Finocchiaro, Carofiglio, ecc.)  anche Berlusconi è stato ben attento a portare in Parlamento i suoi giudici  anche se non ha poi  potuto evitare l'infortunio di Alfonso Papa (finito in galera) e di Massimo Caliendo (inquisito).
Da una parte e dall'altra  insomma  i due fronti politici hanno da vent'anni a questa parte cercato di  portare le toghe nella  propria trincea.
Chi ha giocato in proprio è stato Di Pietro, forse il più famoso  magistrato (ormai ex per la verità) impegnato in politica: si fece un po' corteggiare da Berlusconi e Previti ai tempi del primo governo del centrodestra, poi però  decise che l'avventura era più profittevole correrla  da solo  e  mise in piedi un partito personale, oggi dall'incerto destino.  Per ironia della sorte Ingroia ha condizionato la propria candidatura al "passo indietro"  proprio di Di Pietro come di Diliberto, Ferrero, Pecoraro Scanio e degli  altri sinistri.
Insomma, a molti giudici la politica piace almeno quanto le luci della ribalta che si accendono quando si inquisisce un potente o un famoso. Ma a tutti costoro il vecchio D'Ambrosio, protagonista del pool di Milano ai tempi di Mani Pulite e oggi senatore uscente, ha dato un consiglio di saggezza: «Badate che una volta a Montecitorio i partiti vi fanno contare  come il due di briscola».
Andrea Ferrari

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