Ma, soprattutto, il bipolarismo, il bipolarismo, il bipolarismo… Che fine avrà fatto il bipolarismo? Ogni tanto lo cerchi, ma non lo trovi, come quando ci si inquieta per dei lontani parenti (a proposito, come starà zia Carolina?) che da troppo tempo non danno più notizie di sé.
Se Cesare Lombroso è il vero, unico e incompreso genio prodotto dalla nostra storia recente - e potete giurare che lo è - allora tutto si è già compiuto. E' bastato osservare, con inquieto stupore, come ora dopo ora il crudelissimo Mario Monti, mentre fa a pezzi il risibile schemino destra-sinistra, diventi sempre più identico nell'aspetto fisico, nella postura, nell'eloquio - e nel taglio di capelli - ad Arnaldo Forlani per capire che il cerchio si è chiuso. Dal 1993 al 2013: da un grande centro a un altro grande centro, passando per una ventennale, ridicola, patetica, pagliaccesca - nei contenuti come nei protagonisti - caricatura di una repubblica maggioritaria occidentale. Questo di tanta speme oggi ci resta.
Forza Italia, la gioiosa macchina da guerra, i secessionisti che loro erano diversi dagli altri perché non rubavano e pensavano solo alle genti del Nord, i predellini, le sottosegretarie col tacco dodici, i senatori analfabeti di ritorno, le deputatesse analfabete di andata, i sottosegretari indagati, gli sguatteri delle Procure, i sindacati che era sempre tutta colpa del padrone, il Tg3, il Tg4, il conflitto d'interessi che era tutta una bufala, la Lega che era una costola della sinistra, le cene eleganti, quelli spurgati fuori dalle fogne, quelli che passavano da un festino a un divorzio a una sniffata ma intanto la famiglia era il pilastro della società, quelli che guai a chi toccava l'articolo 18 e guai se si faceva la Tav sennò ci si incatenava tutti da Santoro, quelli che nei ministeri si lavorava come dei matti, quelli che il Ponte di Messina era una priorità e la mafia forse forse non esiste proprio come la crisi, quelli che depenalizzavano il falso in bilancio e che figurarsi se si trovava un tavolo libero al ristorante, quelli con la casa pubblica in affitto a venti euro al mese oppure qualcuno gliel'aveva regalata a loro insaputa, quelli del matrimonio della figlia che lo pagava la Regione, quello che se perdeva le elezioni se ne andava a fare del bene in Africa e invece è ancora qui in mezzo ai piedi...
Che pena, che gente, che mostri. E che sprovveduti noi, a dargli credito, a questi, a quelli e pure a quegli altri. Speravamo nel futuro anteriore e invece - perfetta serendipity - ci siamo ritrovati nelle mani il trapassato remoto. Che poi, vista l'abilità, le relazioni e la ferocia di uno come Monti, magari sarà meglio. Ma è pur sempre uno schema del passato, il solito schema del catenaccio all'italiana che è tornato a dominare, a prescindere dal fatto che Monti vinca o perda: un centro ottundente e onnivoro che taglia i due lati. Non è così che dovrebbe funzionare, in un paese normale. Ma, in effetti, un paese normale non siamo, altrimenti invece di Alberto Sordi a Cinecittà sarebbe sbocciato David Niven...
E comunque, ormai, è tutto andato, vent'anni li abbiamo buttati e ora a te, disilluso, bolso e ingrigito in attesa della pax eterna montiana, rimangono solo gli incubi di quell'epoca funesta. Ossi di seppia. Scampoli di memoria abbandonati sulle rive di una stagione di mille secoli fa, fantasmi svaniti che ti colgono e ti commuovono quando ti rendi conto di esserti tanto animosamente infervorato per certi politici che, adesso, non significano più niente. Se esiste una poetica della memoria, c'è n'è pure una della dimenticanza, che, giorno dopo giorno, di quei personaggi fa svanire pure i volti e i nomi. Segni, ad esempio, com'è che faceva, Mariotto, Gigiotto o Pinotto? E i suoi referendum, i suoi storici, palingenetici referendum erano sulla preferenza unica, sulla tessera del pane o sull'amore libero? E la Pivetti? Irene Pivetti è stata per davvero il nostro presidente della Camera, oppure una che passava per caso dalle parti di Montecitorio dopo un corso di terza media sulla storia della Vandea? E Scognamiglio, l'elegantissimo ed azzimatissimo Scognamiglio, era liberalista, assenteista o buddista? E il taglio delle tasse, soprattutto, com'è andata a finire con il taglio delle tasse?
Per tanti anni e lustri e decenni si è litigato, ci si è accapigliati e si sono spese le balle più fantozziane sul taglio delle tasse. Ora, ormai appagati dopo aver realizzato i nostri due sogni più ambiziosi e riposti - diventare la barzelletta d'Europa, surclassando greci, portoghesi e diseredati vari, e stracciare ogni record planetario per tasse e imposte - si passeggia sull'arenile, malinconici, quasi nella speranza di ritrovare una conchiglia che, portata all'orecchio, ripeta la lontana eco di quel 1992 che sembrava l'inizio di tutto e di cui invece non è rimasto quasi nulla, una lieve imperfezione, una dolciastra memoria di un sogno lontano, il ricordo offuscato di quelle delusioni esistenziali che visitavano le notti di noi elettori illusi e ottusi - un rimpasto consociativo del liberale da operetta Berlusconi, il pseudocomunista D'Alema che pugnala l'amico Prodi per governare con gli straccioni di Cossiga, gli onorevoli venuti dal Brasile che piroettavano da una maggioranza all'altra a seconda di chi offriva di più - quando ci affacciavamo alla finestra per vedere le strade del mondo e della politica popolarsi di demoni, ballerine e quaquaraquà.
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