La notizia di oggi è che i suddetti negozianti, a loro volta richiesti di un parere sul "bollino", hanno detto che non se ne parla neanche. Stante la crisi, le associazioni di settore non se la sentono di chiedere agli iscritti l'adesione a un'iniziativa che potrebbe privarli di una parte dei profitti.
Premesso che: a) non è il caso di demonizzare i commercianti, b) le associazioni fanno il loro mestiere, c) la crisi c'è per davvero e non è un'invenzione giornalistica come la profezia dei Maya o l'esistenza di Capezzone, ci troviamo tuttavia nella necessità di insistere perché, lungi dalla tentazione di promuovere una crociata o di invocare un ritorno al proibizionismo, bisognerebbe quantomeno sforzarsi di immaginare un sistema che, in qualche modo, riesca a scrostare dalla società un poco di questa sottocultura del gioco d'azzardo. La quale, tanto per essere chiari, non ha nulla di letterario, non evoca atmosfere decadenti, demoni personali che febbricitanti personaggi romantici combattono fino a liberarsene o a soccomberne.
Quella che lega tanti di noi alle "macchinette" ai "gratta e vinci" e ai torbidi poker online è piuttosto una paralisi morale, un'atonia dell'anima. È l'incapacità, la perduta abitudine se si vuole, a immaginare il proprio futuro al di là del giorno stesso, della serata passata a inseguire una chance che si crede dietro l'angolo: lo stesso traguardo, a brevissima gittata, che si concedono i tossicodipendenti e tutti quelli che, per una ragione o per l'altra, si lasciano inquinare la ragione e la volontà da una qualche interferenza ossessiva.
È ben triste vedere la società rispondere alle durezze della crisi con le slot machine e le scommesse. Certo, non è facile immaginare alternative quando si è disoccupati, in cassa integrazione o in mobilità. Consegnarsi all'azzardo significa però perdere la sfida ancora prima di affrontarla. Significa, in altre parole, consegnare le armi al nemico, passargli tutte le nostre risorse, materiali o morali che siano.
Per questa ragione l'idea del bollino, anche prima di valutarne l'efficacia, sembrava una possibile risposta civile, tra il ragionevole e il simbolico, alla palude dell'azzardo organizzato. Una risposta che, senza imposizioni, divieti e tentazioni inquisitorie, stabilisse, con una certa chiarezza, come non sia detto che la vita debba per forza essere una scommessa truccata.
Mario Schiani
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