Segno particolare: sia lui sia la fidanzata avevano contratti a termine, rinnovati di volta in volta negli anni. Oggi purtroppo questa catena virtuosa si è interrotta all'improvviso, e si può comprendere la reazione disperata del ragazzo.
Un po' meno il commento, dal tono accusatorio, della signora, che però ben interpreta la cultura italiana a proposito del posto fisso. L'unico traguardo ambìto, la sola strada possibile se si vuole mettere su famiglia, comprare una casa, affrontare un percorso di vita serio insomma. Tutto il resto non era noia, bensì incoscienza. Quindi se non hai il posto fisso, stai fermo e non farti venire grilli per la testa, tipo quello di accasarti.
È un mondo che non esiste più da un pezzo, eppure sulle sue note - nostalgiche e rassicuranti - si ostina a danzare il nostro Paese. La sua ombra protettiva si è allungata negli anni e non vuole sapere di ritrarsi dall'immaginario collettivo di casa nostra. Anche se da altre nazioni è guardata quasi come un Ufo.
Nessuno vuole dire che "per sempre" non sia meraviglioso nel campo del lavoro. Tuttavia tra gli insegnamenti della crisi ce n'è uno solo in apparenza scontato: è il motore della storia voler cambiare il mondo, ma è la salvezza della vita quotidiana mostrare un certo spirito di adattamento. Tanti che oggi riescono a stare a galla, hanno abbandonato la parola crisi e preferiscono definirla "nuova normalità". Con cui fare i conti, mica i salti di gioia.
Precario non è bello, e i dati diffusi dalla Cgil nella nostra provincia confermano il terreno incerto su cui camminano tanti giovani, e non solo. Il posto fisso non è solo un benvenuto difficile da afferrare nel mondo del lavoro: è una garanzia che viene meno sempre più a ogni età, e sempre più spesso ci si trova a ricominciare, senza alcuna rete di protezione.
Il ministro Fornero a una trasmissione radiofonica due giorni fa è tornata sulla disoccupazione e ha corretto il tiro (per l'ennesima volta) anche sull'infelice espressione "choosy". «Un tempo - ha affermato - usavo dire ai miei studenti di non esserlo, oggi invece i giovani non sono nella condizione di esserlo, perché hanno solo lavori precari».
Lo ribadisce l'Istat nel suo resoconto 2012 che ha fotografato i tempi e le modalità di ingresso nell'occupazione: l'accesso al primo impiego può condizionare i percorsi lavorativi, le chance di salire a un livello superiore e poi di mantenerlo. Cominciare bene è dunque fondamentale.
Quel ragazzo che ha preso una decisione così importante, pur essendo un precario, non è folle. È solo un giovane, come tanti, che non si era fatto bloccare nelle scelte di vita da un contratto a termine, per lui diventato una normalità. L'anomalia si è spalancata davanti ai suoi occhi oggi, con quel «Non ci servi più grazie» ed è in grado di far vacillare la fiducia. È comparso il vuoto, finora a quel momento solo temuto ma mandato via con la testa immersa nel lavoro in corso (fosse quello dei sogni oppure un'occupazione accettata giusto per campare).
È per lui, per la sua generazione (e ormai per i lavoratori di tutte le età) che questo Paese deve forse scrollarsi di dosso l'illusione del posto fisso. Perché serve una iniezione di realismo, che ci piaccia o no, per convivere con questa nuova normalità. Ma per quelle persone - sempre più numerose, sempre più tra di noi - bisogna anche vegliare e lottare perché l'alternativa non sia un mondo dove volti, diritti, aspirazioni vengono triturati. Perché si possa scegliere, e non solo subire, e non si scambi il coraggio per follia.
Marilena Lualdi
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