Tutt'altro che irresistibili sono apparsi altri due vecchi guitti, Silvio Berlusconi e Michele Santoro ma la trama è più o meno la stessa. Chiaro che per la stampa di destra il Cavaliere ha travolto l'avversario, mentre per quella di sinistra, l'ex premier è stato disarcionato dal prode Michele (poi ci si stupisce se nessuno legge più i giornali). In realtà quello andato in scena è apparso il peggio di quella politica spettacolo che, in questi ultimi vent'anni, ha rappresentato il peggio della politica. E per fortuna forse è al tramonto.
Persino Marco Travaglio ha perso l'occasione della vita: indossare la toga di Cicerone contro Catilina e si è limitato a monologhi triti e ritriti. È stato tutto un monologo: quello del Cavaliere, più goffo e stretto del solito nel suo doppiopetto, e quello di Santoro che presidiava la scena con l'evidente terrore di farsela rubare.
Tutti e due hanno riproposto per l'ennesima volta i format che li hanno fatti ricchi. Michele una Samarcanda imborghesita, Silvio una polverosa replica della sua eterna ridiscesa in campo per miracoli mostrar. Chissà. Forse entrambi hanno voluto ritrovarsi in questa recita consapevoli di aver fatto ormai il loro tempo. Il populismo mediatico di Berlusconi e quello piazzaiolo di Santoro potrebbero essere a fine corsa, soffocati da quella melassa che si chiama moderatismo: letale per loro ma balsamica per la maggioranza degli italiani., infiacchita dalla crisi e stanca dei toni forti con contenuti deboli.
Il Cavaliere ha illuso i moderati di rappresentarli e ha avuto gioco facile finché sulla scena non è comparso Monti, il vero spauracchio per l'ex premier. Ma si può affermare che Bersani al netto della compagnia che lo circonda, sia meno moderato, nei toni e negli atteggiamenti, del Professore? Ecco perché l'abbraccio tra i due, inevitabile dopo l'apertura delle urne, al di là delle schermaglie di campagna elettorale, rischia di chiudere in una tenaglia la belle époque che ha visto in prima fila Silvio e Michele, due figli della tragica fine della Prima Repubblica a cui la nascitura Terza potrebbe somigliare molto.
Allora la recita dell'altra sera potrebbe essere un'immagine emblematica del tramonto della Seconda Repubblica come lo furono per la Prima le sfilate dei tanti potenti umilianti davanti alla sbarra di Di Pietro, un altro protagonista avviato verso la Villa Arzilla della politica.
Alla fine, a rendere memorabile questa elezione già farcita delle solite patetiche sparate sulle tasse e delle solite facce viste e riviste, potrebbe essere proprio il cambio di un'epoca. Se così gli italiani vorranno. Altrimenti the show must go on.
Francesco Angelini
© RIPRODUZIONE RISERVATA