Secondo Olivier Blanchard, capo degli economisti del Fmi nonché estensore del rapporto, è stato commesso l'errore di sottovalutare i coefficienti (cosidetti "moltiplicatori fiscali") che consentono di calcolare la riduzione del Pil derivante dalla riduzione del deficit. Pertanto, l'adozione di bassi moltiplicatori fiscali ha finito per produrre l'effetto di sottostimare l'impatto del rigore sul Pil. Se è consentito dirlo, i calcoli dei grandi demiurghi che presiedono le oscure e onnipotenti tecnocrazie, si sono rivelati clamorosamente errati!
La dimensione della crisi economica che ha colpito l'Occidente industrializzato impone, pertanto, una seria riflessione "sistemica" che non può essere appannaggio dei soli economisti i quali, dopo le scellerate profezie degli ultimi anni, dovrebbero per una volta avere il buon gusto di ascoltare. Il rapporto del Fondo Monetario Internazionale appena citato costituisce solo l'ultimo esempio di una serie di errori, talora clamorosi, commessi da tanti illustri soloni, spesso dal nome roboante, che per decenni ci hanno ammannito la favola liberista di una globalizzazione che avrebbe reso felici tutti i popoli del pianeta. La grande utopia che ci è stata regalata non è quella di un mondo più libero ma di un mercato globale irrorato da una straripante circolazione di capitali di cui va assecondata la vocazione a pascolare nei liberi prati del mondo, svincolati da regole e norme. Svanisce per sempre l'utopia della fratellanza tra genti, etnie e religioni e si impone la logica universale del mercato che omologa costumi e consumi. L'attuale crisi ha una natura meta-economica perché tocca in profondità l'intero sistema di valori del mondo occidentale che da secoli ha posto il profitto al centro del proprio universo culturale relegando l'uomo ad un ruolo sempre più marginale. Il capitalismo ha conosciuto nei secoli questa distorsione che ancora oggi risulta difficilmente emendabile. Da questo nasce il progressivo affermarsi del primato dell'economia sulla politica.
Il diritto degli Stati ha finito via via per essere permeato dei principi dell'economia che obbligano il legislatore ad adottare un approccio deterministico secondo il quale la norma giuridica deve essere inderogabilmente subordinata al dogma dell'efficienza. La "modernità", sorta di feticcio dai tratti ambigui e inquietanti, non tollera lirismi dettati dall'etica. In questo, anche la nostra Europa non è esente da colpe. La crisi di identità che ha colpito il Vecchio Continente nasce, sì, dalla crisi economica ma nasce, anche e soprattutto, dalle soluzioni finora adottate per domarla. Spetta ora alla politica fornire soluzioni nuove e porre fine alla tragica tirannide degli economisti, vil razza dannata!
Antonio Dostuni
© RIPRODUZIONE RISERVATA