Sotto i continui colpi della crisi, ogni vicenda aziendale di questi tempi (dalla cassa integrazione ai tagli di personale, arrivando fino alle più drastiche chiusure) si trasforma in una battaglia a sé. E la vittoria - che pur non si può mai definire veramente tale - avviene se si riesce a coinvolgere il territorio. La vertenza resta un elemento cruciale, ma non basta più. Nel frattempo, è proprio il territorio che viene chiamato in causa, a cui si mostrano gli effetti contagiosi se un'impresa perde preziosi pezzi. Di più, si manda il messaggio che se ne esce soltanto insieme, con una presa di responsabilità comune.
Ciascun operaio della Holcim Italia ha una storia che colpisce e in cui ci si può rispecchiare. Il papà di cinque figli, che si sentiva al sicuro, in un'azienda solida. O il lavoratore che da 32 anni varca la soglia di quella fabbrica e non sa più che aspettarsi.
Si afferma che il lavoro non sia la vita. Ma esistono situazioni in cui i confini vengono disciolti: perché di quell'impresa fai parte da sempre, hai costruito con essa prodotti e speranze.
È questo quadro rassicurante che si sfalda, quando si verificano casi simili. E il suo sgretolamento ferisce il doppio, perché nel tessuto economico attuale le certezze sono rare, quindi da tenere ancora più strette.
Sì, il dramma di ciascun operaio è qualcosa di individuale, che gli altri non possono comprendere fino in fondo. Ma c'è un filo che unisce e lo fa diventare collettivo, senza perderne l'umanità, ed è quanto cercano di comunicare i lavoratori di ogni azienda in crisi ai tempi nostri, sapendo come si rischi di finire nel tritacarne dell'inevitabilità, forse dell'assuefazione.
È il timore di vedersi trasformati da persone in numeri, in base alle implacabili leggi del mercato. Di avere lavorato insieme a un progetto e di finire esclusi. Di vedere un percorso davanti e poi frenare bruscamente davanti a un precipizio.
Accanto alla paura di finirci dentro, c'è quella di venire abbandonati. Per questo motivo i 250 lavoratori della cementeria cercano di coinvolgere le istituzioni, bussano a ogni porta, oggi fermano lo stabilimento.
Come è accaduto in altri casi - è la convinzione maturata ad esempio con l'esperienza di Eleca - portando la propria storia in strada, tra la gente, si può cercare di ottenere un risultato differente. Che è in primis la salvezza del posto del lavoro, certo, ma anche l'aiuto concreto nella quotidianità improvvisamente più ardua, attraverso formule nuove.
Per la prima, resta fondante la trattativa. Nel caso di Merone, la Holcim ha ribadito la volontà di dialogare; i sindacati chiedono spiegazioni sul piano industriale, su come si possa parlare di crescita con i tagli.
Per la quotidianità infranta, invece, si fa strada uno spirito antico, con modalità innovative. Che sia la retta della scuola, la rata del mutuo o un problema di salute: sono pesi di cui la comunità può provare a prendersi carico. Lo deve fare, consapevole del fatto che quel dramma può toccare tutti, e quindi tutti devono sentirsi responsabili.
Marilena Lualdi
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