Avremo tempo per valutare i nomi dei candidati nelle varie liste: per la gran parte però già li conoscevamo. Quelli del partito democratico, usciti perlopiù dalle primarie, rito popolare che giova al Pd, ma anche per un decimo dal cilindro di Bersani; quelli di Monti e dei centristi, parto un po' più faticoso avendo il premier dovuto mettere insieme i desiderata e le impuntature di generali più carichi di greche sulla giacca che di eserciti marcianti; quelli della "Rivoluzione Civile" dell'ex pm Ingroia che, diciamolo, ci hanno poco sorpreso, come non ci aspettavamo certo che davvero avrebbero fatto un passo indietro i capi partito un po' azzoppati che dietro Ingroia continuano a stare sulla breccia.
È curioso che tanti tra i protagonisti del dibattito pubblico in realtà evitino la prova delle urne: dal leader leghista Maroni che corre solo per la Regione Lombardia a Luca di Montezemolo che pure ci ha lasciato appesi per anni alla domanda sulle sue reali intenzioni: l'ex presidente di Confindustria era sul palco a Bergamo accanto a Monti ma non lo incontreremo né a palazzo Madama né a Montecitorio. Come non vedremo, ma ormai è vicenda fin troppo commentata, personaggi di primo piano degli ultimi venti o trent'anni, come D'Alema, Veltroni, Rutelli (la Bindi invece ci sarà).
Chi ha fatto penare di più per l'attesa delle liste è stato il Pdl. Che anzi si è prodotto ieri sera in uno psicodramma finale che non è stato di sicuro una mano santa per le fortune del partito berlusconiano. C'è da dire che quando le prospettive elettorali non promettono vittoria e anzi fanno pensare che gli elenchi degli eletti si accorceranno - vedremo di quanto - rispetto alla "valanga azzurra" del 2008, scegliere i nomi e attribuire collocazioni è operazione di vero equilibrismo. Tanto più in un partito che da tempo ormai è diviso in correnti, gruppi, cordate, club e camarille che cercano di guadagnare il favore del leader per lucrare posizioni di prestigio e di potere. Ma il partito berlusconiano aveva soprattutto un problema, quello dei cosiddetti "impresentabili", cioè di quei deputati e senatori oppressi da troppi carichi giudiziari e la cui candidatura avrebbe potuto provocare una fuga di elettori. Berlusconi voleva "liste pulite" e alla fine in gran parte, bisogna riconoscerlo, le ha ottenute. Sono fuori personaggi discussi come Marcello Dell'Utri, inseguito dai processi per mafia, o Marco Milanese impigliato nell'inchiesta sulla cosiddetta P4 come Alfonso Papa, o lo stesso ex ministro Scajola, scivolato troppe volte su scandali "a sua insaputa". Alla fine, hanno ceduto tutti e si sono ritirati: l'unico che ha opposto una fiera resistenza è stato Nicola Cosentino, l'ex sottosegretario di Tremonti nato e cresciuto a Casal di Principe, detto "Dick 'o americano" , pesantemente sospettato dai giudici (che lo vorrebbero in galera) di essere il referente politico del clan dei casalesi. "Dick" ha fatto di tutto per restare attaccato allo scoglio - "Se non mi candidate io vi rovino" avrebbe detto ad Alfano, forte dei suoi tanti voti in Campania - ma alla fine i suoi avversari lo hanno allontanato. E qui bisogna dare atto ad Angelino Alfano di aver finalmente vinto una battaglia tutta sua, perché il segretario su Cosentino da tempo aveva posto un veto molto forte. La sceneggiata napoletana che Cosentino ha recitato ieri sera a palazzo Grazioli, pare portandosi via i documenti originali delle liste, probabilmente ha convinto anche Berlusconi (che pure lo ha difeso a lungo) che il casalese doveva veramente sloggiare. Sicuramente il Pdl trarrà un vantaggio da questa operazione di lavanderia anche se non bisogna dimenticare che il partito, su e giù per la Penisola, ribolle di proteste, rancori e sdegno (non sono piaciute per esempio le candidature di Scilipoti, Razzi e Minzolini).
Bisogna sempre ricordare che voteremo ancora una volta con l'orrendo sistema del "Porcellum" e che dunque noi elettori non avremo la possibilità di scegliere singolarmente i nostri rappresentanti. Tutto sta nelle mani dei partiti: la scelta di nomi innanzitutto e la collocazione in lista, garanzia di sicura elezione o di certa trombata. Quindi non vedere in Parlamento gente seguita a vista dai carabinieri, per quanto noi siamo sinceramente garantisti, non può che rassicurarci. Non è granché, per la verità, ma di più per ora non c'è dato.
Buon voto.
Andrea Ferrari
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