Ieri il sindaco Lucini è stato onesto, aprendo il libro con ruvida schiettezza. Punto primo: i soldi. Il rischio è che i costi della bonifica superino i 4 milioni di euro (un milione in più rispetto alle ultime previsioni). E questa, per ammissione del primo cittadino, sarebbe «una mazzata per le esangui casse del Comune», al punto da determinare seri problemi al Bilancio 2013. Punto secondo: i tempi. Un ulteriore e significativo aumento dei costi rischia di tradursi in un problema amministrativo: insomma, si rischia di dover rifare l'appalto. E questo significherebbe dilatare ulteriormente i tempi. La gravità della situazione si può facilmente intuire da un'ulteriore ammissione di Lucini: «Ad oggi non sono in grado di dire quando finirà la bonifica».
Lui, che da presidente della Commissione urbanistica, dai banchi dell'opposizione, ha battagliato per anni su questa disgraziatissima area, si è ritrovato a sua volta impantanato nell'eredità dell'amministrazione Bruni. E non solo Lucini o il Comune: l'intera città è finita intrappolata nella Ticosa.
Esattamente sei anni fa (l'anniversario cade domani) l'ex tintostamperia fu abbattuta tra proclami e fuochi di artificio.
Ricordate la cerimonia del 27 gennaio 2007? Avrebbe dovuto inaugurare la gloriosa cavalcata dell'amministrazione Bruni. Il progetto si annunciava di portata storica e, in teoria, avrebbe dovuto consegnare alle pagine più buie della città decenni di abbandono.
Un nuovo quartiere collegato con il centro, autosili, un parco urbano, l'interramento di via Grandi e chi più ne ha più ne metta. Sappiamo tutti come è andata a finire. Del nuovo quartiere nemmeno l'ombra, Multi si è defilata, i 14 e rotti milioni sono stati sistematicamente messi e tolti dal bilancio per anni e la bonifica si è trasformata in un costosissimo rompicapo.
Con beffa delle beffe annessa, di quelle che fanno imbufalire la gente: le ceneri della Ticosa, almeno, offrivano trecento posti auto a una città che impazzisce quotidianamente alla ricerca di un parcheggio. Dal novembre del 2011 quegli spazi sono stati soppressi. «Una questione di mesi», ci era stato assicurato inizialmente. Ne sono passati 14. Uno dopo l'altro, giorno dopo giorno.
«Il futuro rimane abbastanza nebuloso», ha detto ieri Lucini. Bene, tiriamo tutti una bella testata nel muro. In realtà l'idea del sindaco - abbastanza condivisibile - rimane quella di risolvere il nodo viabilistico di via Grandi e viale Roosevelt, di realizzare un posteggio interrato e una grande area verde. «Nella parte sud - ha aggiunto - penso a una zona commerciale e residenziale e nella parte nord a una destinazione pubblica. Entro la fine del mandato speriamo di avere il progetto definito e un operatore interessato».
Lo speriamo tutti. Ma intanto non ci si può né ci si deve arrendere.
In attesa degli sviluppi, oltre a incrociare le dita, è doveroso affidare al sindaco un appello, a nome dei tanti comaschi che si sono rovinati il fegato nella penosa ricerca giornaliera di un parcheggio: ridateci al più presto quei 300 posti auto soppressi nel novembre 2011, in Ticosa o altrove. Il nuovo quartiere rimarrà per sempre nel libro dei sogni, ce ne siamo già fatti una ragione, ma almeno inventate il modo per restituire alla città un luogo di sosta strategico e vitale. Grazie.
Emilio Frigerio
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