La colpa di questa "spending review" ai danni dei politici locali non è degli elettori. Si sa che con la simpatica legge elettorale in vigore, il Porcellum (prima o poi qualche suino farà causa per diffamazione), gli eletti sono stabiliti dalle segreterie dei partiti prima che si aprano le cabine elettorali. Decisiva è la posizione nella lista. E le scelte romane o milanesi hanno punito Como. Solo Chiara Braga del Pd e Nicola Molteni della Lega Nord sono pressoché certi del bis alla Camera. Difficile ma non impossibile, dipende dal risultato del partito di Bersani, l'elezione di Mauro Guerra a Montecitorio e Paolo Furgoni al Senato. Per tornare a palazzo Madama, Alessio Butti deve sperare che il suo nuovo partito, Fratelli d'Italia, raggiunga il quorum del 3% in Lombardia. Giuliano Sala e soprattutto Sergio Gaddi hanno bisogno di un risultato del Pdl rispettivamente in Regione e nella Circoscrizione elettorale Lombardia 2, vicino al quello ottenuto nel 2008. E si sa che il movimento azzurro è dimagrito parecchio da allora. Tutti gli altri candidati comaschi sono decoubertiani: l'importante è partecipare.
Se si pensa che alcuni esponenti locali sono stati inseriti nelle liste dopo lunghe e umilianti attese nelle anticamere dei leader di partito, il quadro è ancora più deprimente. Eppure Como in passato esprimeva ministri e sottosegretari (l'ultimo fu il socialista Marte Ferrari, recordman di interpellanze, interrogazioni e utilizzo della carta intestata della Camera dei deputati). E comunque c'erano parlamentari locali che in termini di risultati valevano più di un ministro quando c'era da dirottare dalle nostre parti qualche risorsa diretta altrove (vedi alla voce Guzzetti, tanto per non fare nomi). Anche la Seconda Repubblica ha espresso due ministri comaschi: Lucio Stanca e Corrado Passera. Ma per vari motivi, non ultimo un legame allentato con il territorio, hanno inciso poco.
C'è da chiedersi se dietro questa scarsa rappresentanza non ci sia un problema di selezione del ceto politico.
Forse, senza nulla togliere agli esponenti locali, un po' di qualità e un maggior ricambio avrebbero giovato. Soprattutto in casa di chi ha governato per vent'anni il territorio con esiti non sempre brillanti e magari non tali da costituire credenziali per conquistare un maggior peso nelle sedi che contano. Ci sarebbe la mitica società civile in cui non mancherebbero figure di prestigio, tra cui quel Traglio in corsa con la lista di Giunoni ricca di contenuti ma purtroppo povera di consensi. Altri, quando interpellati, si sono spesso fatti trovare fuori stanza. Oppure hanno bussato alla porta dei partiti senza che nessuno aprisse. Il risultato è questo: da due o da tre, bisogna ricominciare. A Roma ma anche a Como.
Francesco Angelini
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