La notte della Garfagnana, una notte "imprevista e improvvisata" che ha coinvolto sedici Comuni e oltre trentamila abitanti, non sfugge alla regola delle polemiche. Si è detto per esempio che l'allarme dato dalla protezione civile sia stato dato ben dieci ore dopo la segnalazione dei sismografi. E anche che la protezione civile ha pedissequamente trasmesso il fax riportando con tecnica da "copia e incolla" le parole dei sismografi, molto tecniche e di difficile interpretazione, senza nessun'altra aggiunta. Lasciando così i sindaci soli di fronte a un terribile dilemma: avvertire la popolazione o minimizzare l'allarme, col rischio che in caso di terremoto sarebbero stati consegnati alla "damnatio memoriae" eterna e il sangue delle eventuali vittime ricadesse su di loro. Chi avrebbe accettato un rischio del genere?
I cittadini della Garfagnana si sono comportati con responsabilità e buon senso, sopportando una notte al freddo e al gelo. In Emilia andò meglio perché le indicazioni sullo sciame sismico che si stava spostando furono più precise e allertarono correttamente la popolazione. Dovremmo partire da lì quando parliamo di protezione civile.
Ma ammettiamo pure che si sia esagerato nella mobilitazione e che gli abitanti della Garfagnana avrebbero potuto rimanere nel loro letto. Resta il fatto che la protezione civile non è ancora riuscita a perfezionare quella cultura e quella tecnologia della prevenzione che invece è ben presente in altri Paesi, come in Giappone. E così in Italia si finisce per saltare, come il pennino di un sismografo che disegna sui rotoli di carta millimetrata le oscillazioni telluriche, da un picco all'altro. Siamo passati dalle condanne per il terremoto dell'Aquila a carico di sette componenti della Commissione Grandi Rischi, accusati di non aver avvertito a sufficienza gli aquilani circa la probabilità di una forte scossa sismica che invece il 6 aprile del 2009 si verificò, all'allarmismo dell'altra notte.
Forse la notte della Garfagnana - una delle zone più sismiche della Toscana, dove certamente il problema si ripresenterà - servirà a maturare la coscienza della necessità di una migliore organizzazione della prevenzione in Italia. E' l'eterna battaglia degli italiani tra i loro genio e la loro indolenza. Ma una battaglia che bisogna vincere per noi stessi e per il bene dei nostri figli, investendo in tecnologia, organizzazione e sicurezza, Fino al giorno in cui, finalmente, "protezione" civile significherà soprattutto "prevenzione" civile.
Francesco Anfossi
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