E non è una questione di fede politica o calcistica, naturalmente: il ragionamento resterebbe identico anche nel caso qualcuno scegliesse Bersani in caso di acquisto da parte di Moratti (noto patron del centrosinistra radical chic) o qualcun altro si innamorasse di Monti se Supermario lo avesse invece preso Agnelli (casata storicamente espressione della palude neocentrista). Qui il punto, liberato dalla fuffa propagandistica e tifosarda che sta ammorbando
i giornali da giorni, sta tutto da un'altra parte. E cioè, come sia possibile che il valore del voto si sia svilito fino a questo punto. Che la democrazia rappresentativa sia in clamorosa crisi culturale è una verità evidente da almeno tre decenni, ma che questo popolo senza spina dorsale, senza memoria e troppo spesso senza vergogna che siamo noi l'abbia ridotta così in poltiglia è una roba davvero insopportabile.
Passiamo i nostri giorni e i nostri mesi e i nostri anni a lamentarci di questi che rubano e di quelli che smazzettano e di quegli altri che sono tutti uguali e il più pulito c'ha la rogna ed è tutto un magna magna e che devono smetterla di prendere in giro la gente che lavora e fa fatica ad arrivare a fine mese e tutto il resto del rosario che ci snocciolano ogni sera benedetta le trasmissioni piazzaiole di Raitre e poi arriva uno che ci tira un osso e noi lì a lappare come cani da riporto? E non si pensi che questo sia il solito barbatrucco esclusiva del Cavaliere, che uno che lo sceglie per Balotelli sarà anche, come scrive con la consueta perfidia Filippo Facci su Libero, da accompagnare al consultorio psichiatrico, ma di certo non è peggiore di chi vota Ingroia perché lui ha detto di essere come Falcone. Alla Boccassini, almeno stavolta, andrebbe fatto un monumento...
La verità, la verità vera, antropologica è che gli italiani dovrebbero smetterla di fare gli italiani. E vergognarsene pure un po'. Non siamo nel dopoguerra, non siamo scampati ai bombardamenti, non siamo stati decimati dalla Spagnola o dall'invasione degli Hyksos, non ci sono - soprattutto nel nostro territorio - persone che vanno in giro con le scarpe di cartone e rovistano nella spazzatura, non c'è nessuno che non abbia a disposizione gli strumenti minimi per capire, per studiare, per informarsi. Per costruirsi un pensiero autonomo e responsabile. Non ci sono più alibi, da tempo. I famigerati politici impresentabili, con i loro ignobili rimborsi spese, le loro facce di palta, le loro ridicole deputatesse con il tacco dodici e la cultura da scuola serale, le loro balle da osteria non sono venuti giù da Plutone. Quei signori e quelle signorine li abbiamo eletti noi. Tutti. Compresi quelli del listino bloccato, perché non si ricorda alcuna manifestazione di piazza, né alte indignazioni, né campagne di stampa virulente, né altro quando quella vergognosa legge elettorale è stata approvata. Né quando, alla faccia di tutte le promesse, non è stata cambiata neppure in questo anno di larga maggioranza. Quindi, tutto quello che accade è perché noi abbiamo voltato la faccia dall'altra parte. Compreso lo spread, compresa la tassazione criminale su lavoro e famiglie, compresa l'arroganza e l'inefficienza ottusa della burocrazia, compresa la compromissione tra partiti e banche che pervade sinistra, destra e centro. Ma chissenefrega, avevamo ben altro a cui pensare, non è vero?
Qualche giorno fa, intervistato a La Zanzara su Radio 24, Vittorio Feltri ha detto che le liste del Pdl gli fanno venire i conati di vomito, soprattutto per quanto riguarda il profilo morale della componente femminile. Ha ragione, anche perché conosce a perfezione l'ambiente di cui parla. Ma avrebbe dovuto aggiungere che pure quelle degli altri partiti sono fatte in larga parte della stessa pasta: burocrati, traffichini, teste di legno, sprovveduti, sconosciuti, amici degli amici, miracolati. Certo, ci sono anche persone preparate e perbene, ma non sono loro quelle che dettano l'agenda, che interpretano il penoso spirito dei tempi che ci tocca di vivere.
Dicono che tempi eccezionali producano uomini eccezionali. Se è vero, questi nostri, di tempi, rappresentano l'eccezione, perché qui in giro si vede di tutto fuorché dei fuoriclasse. Ma se è così, ed è tragicamente così purtroppo, anche questa è una responsabilità che dobbiamo caricare tutta su noi stessi. Cosa abbiamo fatto per cambiare? Quanto tempo e impegno ed energie abbiamo investito per far emergere qualcosa di nuovo? Quanto ci siamo messi in gioco, quanto abbiamo scommesso su un'Italia migliore? Ben poco, a quanto pare. Altrimenti questo povero paese non sarebbe infestato ancora oggi da un cacciaballe professionale, un funzionario d'apparato che chi guadagna tremila euro è un riccastro da spolpare, un genio dell'economia che lascia la gente senza stipendio e senza pensione e un manettaro della Magna Grecia che la politica è una prosecuzione della magistratura d'assalto con altri mezzi. Pensate un po' come siamo combinati...
Il voto è una conquista che non sta tanto nei libri di storia o nelle dichiarazioni un po' trombone delle adunate sindacali, ma che risiede nella vita e nelle scelte di tutti i giorni. Sapere che fare non è facoltativo, è obbligatorio. Si può votare questo o quello, si può non votare per nessuno o anche starsene a casa, ma tutto questo deve essere frutto di un pensiero, di una riflessione e, soprattutto, della coscienza che ognuno di noi è protagonista del proprio destino e che se c'è un momento in cui bisogna sforzarsi in tutti i modi di fare le persone serie, beh, questo è quel momento. Se uno fa dipendere la sua scelta elettorale dall'acquisto di un centravanti - sopravvalutato - allora forse è il caso di iniziare a domandarci se la democrazia abbia ancora un senso e se noi siamo veramente all'altezza di meritarcela o se forse sia meglio che gli ordini ce li dia direttamente la Banca centrale.
Che qualcuno cacci un urlo, per favore.
Diego Minonzio
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