Non è tutto. L'accesso in convalle dalla Napoleona regala la splendida spianata della Ticosa (che, nella migliore delle ipotesi, tornerà un parcheggio prima dell'estate) e quello ferroviario di Como San Giovanni, infine, nelle ore serali ricorda molto da vicino un campo profughi.
Anche i più distratti possono accorgersene, basta scorrere le pagine in cronaca di oggi. Partiamo dalla zona simbolo per eccellenza: quella del lungolago e di piazza Cavour. Alle staccionate e alle grate del cantiere delle paratie, si sono aggiunte da qualche giorno le transenne davanti alla darsena del "Ceccato".
Si dice che la fortuna è cieca ma qualcosa d'altro ci vede benissimo. O che la lingua batte dove il dente duole. È verissimo. E potremmo andare avanti ancora con i luoghi comuni. In effetti in quel fazzoletto di terra davanti al lago in questi ultimi giorni c'è stato un vero accanimento della sorte: prima la voragine vicino alla darsena, poi il blackout in piazza Cavour, che ha trasformato il salotto buono nell'ennesimo cantiere a cielo aperto. Due casi completamente diversi, ma che regalano un ulteriore carico di frustrazione ai comaschi e, diciamolo, anche a chi ci amministra.
Ieri il sindaco ha assicurato che il cantiere per il consolidamento della soletta della darsena partirà entro un mese e che sarà ultimato in sessanta giorni. Ma c'è un ma: porterà con sé la chiusura parziale del lungolago, che poi diventerà totale - con il girone spezzato in due per una settimana - proprio all'inizio della stagione turistica. Per non parlare dell'obsoleto impianto di illuminazione, che va in tilt una volta in periferia (Breccia e Sagnino gli ultimi casi) e l'altra in città (prima a San Martino e in viale Varese, più di recente in Napoleona e in piazza Cavour), facendosi beffe dei natali comaschi dell'inventore della pila, tale Alessandro Volta. Ancora ieri i tecnici erano al lavoro in piazza Cavour, ma alcuni lampioni non ne vogliono proprio sapere di tornare a illuminarsi, in attesa di un nuovo appalto che sta entrando nel Guinness dei primati. Dei ritardi.
Como è città turistica o non è un paese per turisti? In realtà sono due aspetti della stessa medaglia: la Como turistica resta in mezzo al guado. L'economia lariana è cambiata e, ormai da anni, vede crescere questo segmento, forte di una location incantevole. Ma fatica a convertirsi definitivamente a livello di mentalità, di strutture e di accoglienza.
Mancano i servizi igienici per le comitive che arrivano in pullman, tanto per fare un esempio. E chi viaggia in treno - di sera - rischia invece di essere accolto a Como San Giovanni da qualche ubriaco con una bottiglia rotta in mano, oltre a trovare i servizi igienici chiusi e a doversi trascinare a fatica le valigie fino all'ingresso.
Fine dell'elenco? Forse sì, ma solo per un difetto di memoria. Parafrasando Gino Bartali verrebbe da dire che è tutto sbagliato, tutto da rifare. Oppure, più semplicemente, da rimontare. Affrontando i problemi con serietà, uno per uno, senza perdere più un solo minuto. A partire dal lungolago, passando per il cantiere delle paratie, la Ticosa, l'appalto dell'illuminazione. Restituendo, infine, Como San Giovanni a una condizione più civile e accogliente dopo troppi anni di abbandono. Gli strumenti ci sono: i mezzi di bilancio sono pochi, è vero, ma si tratta di indirizzarli al meglio. Mettendo a frutto, magari, anche l'obolo che arriverà dai turisti con l'introduzione della tassa di soggiorno. E accogliendo l'ennesima dimostrazione di amore dei comaschi per questa città, trasformando in un progetto concreto l'idea della colletta civica.
Emilio Frigerio
© RIPRODUZIONE RISERVATA