Reato non meno odioso, il furto, se avviene nella sede di un'amministrazione locale e non nella nostra abitazione. Perché - non si tratta di un luogo comune ma è un dato di fatto - quei palazzi sono la casa di tutti, a partire dal Comune. Paghiamo noi la manutenzione, paghiamo noi il materiale che viene utilizzato negli uffici, paghiamo noi i dipendenti e paghiamo noi anche i danni commessi dai ladri. Ecco perché la questione interpella ogni singolo cittadino. Non è facile, certo, trovare una soluzione che risolva il problema come d'incanto. Né ci piacciono ipotesi come quella di "blindare" Palazzo Cernezzi o di installare tornelli all'ingresso per limitare gli accessi. È giusto che il Comune resti aperto a tutti e "trasparente".
Forse basterebbe - come ha peraltro fatto notare il sindaco Mario Lucini - controllare meglio le zone che non ospitano uffici aperti al pubblico, come l'ala del consiglio e dello stesso ufficio del primo cittadino. L'ex assessore alla Sicurezza Francesco Scopelliti ha ricordato che alcune porte esistono già e basterebbe utilizzarle. Anche altri episodi spiacevoli - dalle minacce a Lucini fino ai venditori nei corridoi - suggeriscono l'opportunità di valutare qualche correttivo per salvaguardare il palazzo e chi vi lavora. Lo stesso discorso vale per il provveditorato agli studi (continuiamo a chiamarlo così, s'è perso il conto dei cambi di nome), a maggior ragione considerando che - lo spiega Merletti nell'intervista di oggi - custodisce dati sensibili. Per fortuna, non c'era nulla del genere all'interno del computer rubato allo stesso dirigente. Ma resta il problema di un edificio malconcio e tutt'altro che "impenetrabile". Sacrosanto, quindi, l'appello alla Provincia affinché intervenga. I soldi? Non è impossibile trovarli, magari rinunciando a improbabili "centri studi" o a qualche pubblicazione per addetti ai lavori finanziata da Villa Saporiti.
Nei mesi scorsi anche la palestra del liceo Giovio aveva ricevuto la visita dei ladri (avevano portato via un gran numero di cellulari). Speriamo di non dover raccontare, nei prossimi mesi, nuovi episodi. Il fatto che gli enti pubblici abbiano le casse quasi vuote non li autorizza a risparmiare sul fronte della sicurezza.
Michele Sada
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