La campagna elettorale si stava già svolgendo sotto il segno dell'indignazione montata contro la classe politica. Poi è letteralmente esplosa sull'onda dei numerosi scaldali che hanno rivelato un malcostume diffuso, fatto di malversazioni del denaro pubblico, quando non di vere ruberie: distrazioni dei rimborsi elettorali o imbrogli e frodi. Dopo la gragnuola di avvisi di garanzia, incriminazioni ed arresti piovuti nella giornata di San Valentino su una fetta consistente del nostro establishment, finanziario ma anche politico, sono materialmente le tangenti a calare sul tavolo del confronto elettorale. L'antipolitica non aspettava altro per essere sicura di spopolare.
E' inevitabile a questo punto che l'opinione pubblica si chieda se non siamo ad una nuova Tangentopoli, e magari ad una ancora più grave e più distruttiva. Dobbiamo aspettarci il crollo della Seconda Repubblica, al pari della Prima sommersa dal fango della "questione morale"? Sommersa non ancora, ma investita in pieno sì. Sarà bene mettere prima a fuoco caratteri e specificità della nuova Tangentopoli.
La Prima, quella degli anni 1992-'94, rivelò una pratica dilagante di finanziamento illegale dei partiti, famelici dopo l'ingresso nella propaganda politica della costosissima televisione e dopo il crollo della militanza politica dei propri affiliati. Si scoprirono certo anche arricchimenti personali, ma il grosso veniva dal fiume di denaro fatto affluire alle casse del partito.
La rete di corruttela che ora viene alla luce non fa, invece, che certificare il sospetto che già si nutriva e che le agenzie internazionali avevano evidenziato collocandoci nelle prime posizioni dei paesi meno affidabili quanto a correttezza amministrativa. I partiti, soprattutto la pletora di politici e politicanti che da noi popola la sfera del pubblico e del para-pubblico, continuano nelle loro pratiche sprecone. In compenso l'illegalità dilaga anche nella finanza. Colpa forse della crisi, ma colpa ancor più della politica che, spogliatasi delle ideologie e degli ideali, si è annichilita riducendosi a mera gara per il potere, perdendo così di vista il suo compito primario: ossia di regolare la vita pubblica col metro dell'interesse collettivo. Non è un caso che l'antipolitica versione grillina reclami una politica nobilitata da uno spirito di servizio disinteressato.
Roberto Chiarini
© RIPRODUZIONE RISERVATA