L'Europa stessa osserva con partecipato interesse il nostro appuntamento elettorale, tessendo alleanze, sottolineando uscite infelici dei nostri leader politici (vedi i giudizi di Berlusconi sul fascismo...), sin troppo abituati all'irresponsabilità della parola, detta, smentita, revocata, svilita.
È diffusa la sensazione che la nostra classe politica sia impotente a governare processi assai più grandi e attrezzati di lei, oppure, peggio ancora, che sia irrimediabilmente corrotta e infedele.
In questo quadro, l'azione politica può alimentare la paura o la speranza. La paura assume la forma, assai diffusa, dell'illusione che sia possibile e auspicabile un ritorno al passato, a un preteso isolamento nazionale, se non addirittura, a un ulteriore restringimento degli orizzonti, entro un recinto regionale. La paura può pescare pure in sentimenti torbidi, come in un ambiguo identitarismo, su scala localistica o nazionalistica, che assume talora la veste inquietante del neo-nazismo.
La speranza che la buona politica può e deve far nascere è invece la capacità rinnovata di elaborare progetti credibili di convivenza e di trasformazione della società e del mercato. Compito della politica, in democrazia, è rendere l'ordine sociale un'espressione di libertà, non un fatto imposto o condizionato da poteri occulti o lontani. L'Unione Europea può essere l'orizzonte della cittadinanza che riapre una possibilità per il primato, bene inteso, della politica. I grandi temi che l'azione politica deve affrontare condividono infatti tutti una dimensione sovranazionale: l'immigrazione, la transizione demografica e la questione giovanile, le trasformazioni ambientali, il disordine determinato dalla finanza sregolata e irresponsabile, il mantenimento del welfare state, il lavoro …
Di fronte a questi temi, di eccezionale portata, la nostra campagna elettorale non appare capace di innalzarsi all'altezza del progetto che servirebbe. Questo è anche effetto di una campagna di tipo televisivo, che schiaccia e banalizza i grandi temi, o che si appiattisce sulla misurazione dei sondaggi. Proprio perché il sondaggio impera, di Europa si preferisce non parlare, perché a essa si imputa, a torto, la crisi e nessuno vuole perdere voti schierandosi per l'Europa. Così, chi ne parla, lo fa per cavalcare un irresponsabile anti-europeismo.
Per un'Europa capace di rilanciare la crescita e, ancor prima, un'idea dignitosa di politica servono Governi provvisti di visione lungimirante, forze politiche non provinciali e cittadini capaci di innalzare lo sguardo oltre le paure.
Filippo Pizzolato
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