La risposta vien da sé: era molto difficile. Non a caso, da candidato, il sindaco Mario Lucini si era proposto con lo slogan "Como cambia passo", a significare che sarebbe servito un impegno di tutti per uscire dal pantano; non sarebbe bastata una passeggiatina serale con il golfino buttato sulle spalle ma, appunto, un cambio di velocità, e quando si cambia di solito si accelera, si va dal trotto al galoppo, dalla camminata sciolta alla corsetta allegra. Ebbene, da parte sua Como il passo l'ha cambiato, offrendo alla nuova amministrazione di centrosinistra una fiducia misurabile con il 75 per cento dei consensi (al ballottaggio). Un gran serbatoio di fiducia, un investimento in ottimismo che la città ha sottoscritto in ragione della faccia pulita di Lucini, dei candidati nella sua lista e nei membri della giunta che si è scelto.
Chi poteva immaginare che a mantenere il passo pesante e strascicato fossero proprio loro, i beneficiati di tanto favore popolare? Perché se, come si è detto, amministrare una città nelle condizioni di Como è molto difficile, perlomeno bisogna dimostrare di darsi una mossa, di saper cogliere al volo richieste e malumori e lanciare, subito, un segnale di pragmatismo e buona volontà.
L'impressione è che nei primi mesi del suo mandato il sindaco abbia trascorso buona parte del suo tempo a scontrarsi con problemi di difficile soluzione, problemi che, per le loro implicazioni, territoriali e legali, sono più grandi di lui. Potevamo aspettarci che il disastro del lungolago si risolvesse nel giro di poche settimane? Certo che no. Potevamo chiedere che in luogo della triste radura chiamata Ticosa sorgesse in un battibaleno un "qualcosa" in grado di arricchire la città sia sul piano economico sia su quello culturale? La risposta, anche qui, è no. Potevamo e possiamo chiedere, però, che nell'affrontare problemi in apparenza minori - ma in realtà molto importanti perché affondano come pungiglioni nell'orgoglio già ferito della comunità - l'amministrazione Lucini dimostrasse più pragmatismo e, perché no, anche un pizzico di furbizia, di cura dell'immagine e di volontà di rassicurare la gente dimostrandole iniziativa e senso pratico.
Diciamolo chiaro e tondo: non è ammissibile che si lasci al buio un luogo come piazza Cavour a causa di un contenzioso di poche migliaia di euro. Su questo inconveniente il sindaco Lucini non si è sottratto alle domande della stampa (e dei cittadini): un passo avanti rispetto alla precedente amministrazione, caratterizzata da un mutismo sdegnato quanto ridicolo, ma non abbastanza per una città assetata di efficienza.
Le risposte di palazzo Cernezzi sono state, per così dire, tecniche: rassicurazioni, precisazioni, giustificazioni. «Faremo presto», «il prima possibile». Ma problemi come questo si risolvono, non si discutono. Altrimenti il sindaco finisce per fare la figura di quell'idraulico il quale, pregato al telefono di venirci a riparare la perdita, traccheggia e non conclude mai: «Magari domani sera», «Più tardi se faccio a tempo», «Sono pieno di lavoro». Un idraulico così, chiamato una volta, chiamato due, alla fine, non per cattiveria ma per esasperazione, viene abbandonato al suo destino.
Mario Schiani
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