Il Sole 24 Ore ha fatto la somma delle promesse fiscali: i cali di tasse promessi praticamente da tutti prevedono un taglio nei cinque anni della prossima legislatura di circa 180 miliardi, una «cifra incompatibile con lo stato dei nostri conti».
Va rilevato, e non vi paia strano, che la cifra è stimata per difetto. Tiene conto infatti delle promesse fatte dai principali partiti: non valuta le promesse iperboliche fatte da movimenti politici quali i grillini o la Rivoluzione civile di Ingroia: 180 miliardi sono poco meno di un decimo del nostro debito pubblico. Per carità, ciascuno può premettere ciò che ritiene più consono ai propri principi e ai propri programmi. Il punto è la serietà di queste proposte: si deve valutare se è realistico non tanto il taglio, quanto la sua copertura. Come dice il Sole nel commento del suo vicedirettore Fabrizio Forquet, «nessuno in campagna elettorale se l’è sentita di indicare con responsabilità i singoli settori e le singole spese da tagliare».
La cosa più semplice sarebbe tagliare, o comunque contenere, la spesa corrente primaria. Le cifre invece dimostrano che tale voce di spesa, quella più semplice e più immediata sulla quale intervenire in periodi di vacche magre, è andata in questi anni aumentando in modo abnorme. Nell’ultimo decennio si è passati da una spesa corrente primaria di 600 miliardi ad una di 800: incremento del 33%, inspiegabile con l’inflazione. E’ questa la spesa sulla quale si sarebbe dovuti intervenire per risparmiare senza deprimere l’economia (cioè senza ridurre la spesa per investimenti, ad esempio). Invece la si è lasciata crescere senza proporre tagli selettivi e incisivi, e negli anni passati si sono proposti i famosi “tagli lineari”: cioè si è detto che bisognava tagliare tutto, senza fare scelte politiche oculate, escludendo le spese incomprimibili e intervenendo dove è possibile intervenire. Così non si è tagliato nulla. Ora quelle stesse forze politiche come possono proporre credibilmente di saper tagliare?
Insomma, la credibilità di chi fa promesse è veramente minima. Ma c’è un altro dato sconfortante nelle tabelle del Sole: le promesse di quasi tutti riguardano soprattutto Imu, Irpef e Irpeg. Gli interventi sul cuneo fiscale del costo del lavoro sono ridotti al lumicino quando non del tutto assenti da taluni programmi. Che dire poi dell’evasione fiscale e del riequilibrio fiscale? Sulla lotta all’evasione solo dichiarazioni propagandistiche senza dettagli concreti, ma pochi ci dicono ad esempio perché un dipendente con un reddito di 100.000 euro annui rientri giustamente nell’aliquota massima e chi fa speculazioni finanziarie non paghi sulla plusvalenza, quindi sul guadagno netto, nemmeno l’aliquota minima del 12,5%. Eppure queste speculazioni finanziarie non vengono citate nemmeno da quei populisti che sono ogni giorno in tv o nelle piazze a sparare contro banche e finanza: attaccare le istituzioni è chic ma guai a intaccare le speculazioni dei singoli. La moralità delle proposte serie non va più di moda?
Lorenzo Pironi