L'ultimo caso è quello di Timberland, che ha trasferito il suo quartier generale a Stabio, in quella che potrebbe diventare la capitale della "Fashion Valley" ticinese e ha creato settanta posti di lavoro, destinati a diventare cento. Anche per i frontalieri.
Timberland, come prima di lei anche altri marchi della moda Made in Italy (mica diventerà Made in Mendrisio?) non fanno beneficenza: se si sono trasferiti o ampliati in Ticino è perchè hanno la loro bella convenienza. Dal punto di vista fiscale ,perché ci sono sgravi e incentivi, ma non solo. Vi sono vantaggi materiali e, potremmo dire, vantaggi ambientali. Insomma, si passa la frontiera e (anche) le imprese è come se entrassero in un'altra dimensione.
In Svizzera il fisco è sopportabile, applica aliquote fondamentalmente più basse delle nostre e offre un sistema di imposizione che non riserva brutte sorprese tipo tasse occulte, balzelli borbonici o tributi escogitati della creatività del ministro di turno in quelle manovre correttive che non ci facciamo mancare mai, noi. Le procedure per l'avviamento di una nuova impresa, inoltre, nella Confederazione sono assai più snelle e, in generale, gli adempimenti burocratici per un imprenditore (e non solo per lui) non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai bizantinismi italiani. La rete di infrastrutture e di servizi è più efficiente, la logistica di gran lunga più agevole. Insomma, vi sono condizioni se non ideali quantomeno migliori per insediare e sviluppare un'impresa.
Poi c'è la questione lavoro. Il mercato in Svizzera è più flessibile (nel bene e nel male, ci sono meno sindacati ma anche meno diritti) e i costi del personale più contenuti. Aspetto questo che è decisivo ma fino a un certo punto. In termini assoluti, un lavoratore costa meno in Romania o nell'Est europeo piuttosto che in Svizzera, eppure molte aziende preferiscono comunque la Confederazione. Perché l'intero "pacchetto" Svizzera risulta concorrenziale e conveniente. E non solo per l'aspetto economico e finanziario: oltreconfine i tempi della giustizia (assieme alla certezza del diritto) sono ben altri rispetto ai nostri, la criminalità organizzata non ha messo radici nel sistema delle imprese, la corruzione non è un'emergenza nazionale, così come le ingerenze della politica nella vita economica sono al di sotto del livello di guardia.
Per questo il rischio è che l'esempio di Timberland possa essere seguito da altre imprese italiane, tentate dalla delocalizzazione in Canton Ticino. Nella nostra campagna elettorale per le politiche, ma ancor più per le regionali, sono emerse proposte di incentivi e agevolazioni per le imprese a cavallo del confine, affinché restino dove sono. Idea utile, a patto che si trovino le coperture finanziarie e meccanismi pratici per accedervi.
Sarebbe però un pannicello caldo per un malato grave. Che non fa male, anzi, ma non guarisce. Gli ostacoli alle nostre imprese sono ben altri, gli stessi che zavorrano l'intero Paese, esattamente i pregi elencati per la Svizzera: mercato del lavoro, fisco, burocrazia, corruzione, criminalità e ingerenze politiche. Fino ad allora, il rischio di andare di là sarà sempre attuale, nonostante i pregiudizi sui "tagliàn".
Mauro Butti
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