Questo è il punto. E il motivo per il quale abbiamo scelto con chi stare. Con la nostra terra. I suoi rappresentanti migliori. I cittadini seri che amano la loro città, credono nel valore dell'impegno e della competenza e non accettano di essere vessati da un marchingegno statal-burocratico arrogante e autoreferenziale che continua a perpetuare un potere senza limiti. È questa la gente per la quale La Provincia vuole "votare", anche perché cerca di rappresentarla e raccontarla ogni giorno - alcune volte bene, altre volte senza la necessaria attenzione - sulle colonne del giornale. Noi votiamo per loro. E non pensiate che ci si faccia ammaliare dal solito ritornello della società civile che è mille volte meglio dei mascalzoni della politica e, per questo, vittima indifesa delle loro balle e dei loro raggiri. Questo è un alibi inaccettabile. Troppo comodo scaricare tutto sui tanti cialtroni che grufolano nei palazzi.
È vero che il panorama politico è desolante: anziani piazzisti cacciaballe all'ultimo disperato giro di valzer, federalisti a parole che in vent'anni di comizi e di ampolle non hanno realizzato nemmeno mezza promessa, sinistri burocrati portati a spasso da qualche veterosindacato sbandierante, pseudo economisti di status mondiale che gli esodati bisognerebbe spedirli tutti quanti a casa loro, manettari guatemaltechi che sono antropologicamente superiori agli altri, strepitosi comici arruffati ai quali però è vietato porre domande perché qui si fanno solo adunate castriste, liberisti thatcheriani con la laurea di Alberto Sordi, e tutto il resto del ciarpame al seguito... Ma se la situazione è arrivata a questo punto - e chi scrive si è permesso di ricordarlo già cento volte - la responsabilità più grossa è la nostra, che abbiamo permesso a tali figuri di vampirizzarci perché troppo indaffarati a farci gli affari nostri. La politica italiana con i suoi partiti grotteschi è lo specchio fedele e non deformato di larga parte della società civile. Quella che non paga le tasse, che parcheggia in terza fila, che butta le cartacce per strada, che trova lavoro perché amica degli amici o figlia di questo e di quello, che sempre si lamenta e nulla fa, che il dottore è fuori stanza, che gira la testa dall'altra parte, che ben altri sono i problemi da risolvere e che - come al solito - è sempre colpa di qualcun altro. Bene, a noi questa gente non interessa, perché è identica, se non peggio, alla politicaglia contro la quale passa le giornate a inveire.
A noi piace quell'altra. Quella che esiste. E lavora. E fa. E ha il coraggio di scommettere ogni giorno sulla propria inventiva e la propria forza di volontà. Guardatevi in giro, voi che vi sentite di questa pasta, l'unica che La Provincia apprezzi per davvero: vi stupirete di quante persone come voi ci siano nelle nostre città e nei nostri paesi. Pensate alle aziende che esportano le loro eccellenze in tutto il mondo, all'artigianato di gamma altissima, a chi tiene aperto e non caccia i dipendenti alla prima difficoltà nonostante lo Stato sembri divertirsi a farlo fallire, pensate a tutti quelli che compiono il proprio dovere - privati o pubblici, a livelli superiori o infimi, non è questo il punto - e che tentano di lasciare insegnamenti giusti e non bolle di sapone ai propri figli. Questi sono i cittadini e i lettori che amiamo e per i quali esprimiamo la nostra preferenza. E fa niente se non sono candidati.
Ma sono proprio loro che, ora, devono dare un segnale di grande responsabilità. Non ci si può distrarre, disinteressarsi, delegare in bianco al primo che passa. Cerchiamo tutti quanti di guardare con grande attenzione, anzi, con attenzione maniacale dentro le liste dei vari partiti e cerchiamo una persona, almeno una, che emerga da quel pattume, un candidato serio, preparato, che pensi al proprio territorio e abbia veramente voglia di lavorare per lui a Milano così come a Roma. Guardamoli in faccia, per bene - lo schema lombrosiano non sarà politically correct, ma sbaglia raramente - e ascoltiamo parola per parola quello che dicono, cerchiamo di capire se sono veri o se il suono delle loro frasi è come quello di una moneta falsa che rimbalza sul tavolo, leggiamo con scrupolo cosa dicono e quanto si contraddicono. Vagliamo le promesse ridicole, la demagogia, il populismo straccione, le contraddizioni in termini, la credibilità spesso vergognosa, ma diffidiamo anche di chi dice sempre di no a tutto, perché non ci sono mai i soldi, perché non si può mai cambiare niente, perché prima bisogna vedere il mansionario e i carichi di lavoro, perché tutto deve rimanere sempre così come è sempre stato negli ultimi mille anni. Niente sogni, d'accordo, ma almeno una speranza, per favore. E se per caso ci capita di trovarne uno, di questi politici forse migliori degli altri, proviamo a investirci, a dargli una chance, con il vincolo però di seguirlo passo passo: perché se sbaglia, al prossimo giro lo inchioderemo senza pietà alle colpe figlie della sua inadeguatezza.
Siamo noi che decidiamo, non loro. Noi. Se l'Italia e il nostro territorio fanno così spesso schifo è anche e soprattutto colpa nostra. Questo è il momento della rabbia, certo, ma soprattutto dell'orgoglio. E dell'intelligenza. Non lasciamo scegliere anche questa volta ai peggiori.
Diego Minonzio
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA