Ricordate? Capitava di andare a votare per Rumor o Berlinguer sotto i ciliegi in fiore. Non che venisse naturale accostare i due ai teneri germogli rosati ma tant'è: prima di immergersi nel grigiore del seggio e nella severità della scelta elettorale era concessa una parentesi di amabile freschezza, quasi una vacanza dalla solenne responsabilità civica. Maggio e giugno erano i mesi in cui le sempre ingarbugliate questioni politiche venivano al dunque. Lì, all'approssimarsi dell'estate, andavano ad arenarsi i governi balneari, i monocolore, gli Andreotti VII e i Goria I. Il quadro parlamentare ricaricava le batterie con gli elettori chiamati ai seggi in giacca mista cotone, al massimo muniti di ombrello per ripararsi dalle frequenti lacrimazioni di un cielo che, in primavera, si fa sensibile e umorale.
Oggi tutto è cambiato e a votare ci si va in inverno e nel mezzo di una tormenta di neve. Che cosa leggere, in questo, a parte una coincidenza del tutto irrilevante? Più che altro una sensazione e una piccola istanza: questo è un voto particolarmente sofferto e chi lo riceve farà bene a meritarselo.
C'è da scommettere che molti di voi avranno provato questa sensazione di fatica, di sacrificio, nel lasciare, ieri, il tepore della casa per raggiungere il pavimento diaccio del seggio: uno sforzo suppletivo, un onere in più da versare alla causa - che non pochi danno ormai per perduta - della partecipazione civile. Qualcun altro avrà preferito rinviare a oggi la missione elettorale: uno sguardo alle previsioni, un'occhiata alla coscienza. Che fare? «Magari domani smette». E se non smette? «Ci andrò lo stesso» avrà concluso, scuotendo la testa, come se, oltre a esigere il tributo di un voto poco convinto, obolo da versare a un sistema che ormai raccoglie scarsa fiducia, la politica avesse voluto far nevicare apposta. Perché? Ma per rendersi ancora più odiosa, ecco perché! Proprio l'atteggiamento che, negli ultimi, anni ha assunto con petulante insistenza.
L'unica possibilità, a questo punto, è sperare che l'impegno straordinario, la prestazione extra richiesta alla vostra diligenza di cittadini venga premiata. Se il voto primaverile, celebrato generazione dopo generazione, ha sempre partorito assetti politici volatili, alleanze turbolente e orizzonti instabili, c'è da augurarsi che il voto siberiano di quest'anno ci consegni un panorama più netto, consolidato, stabile.
Ma questo è soltanto un gioco, una spensierata fantasticheria. Più nel concreto, oseremmo auspicare che, agli occhi di chi si appresta ad accogliere il risultato del voto, nelle coscienze di chi si è candidato per governare, decidere, riformare, addirittura rivoluzionare - come con insistenza e a volte con presunzione è stato annunciato - ebbene in tutti loro questo voto impantanato, faticoso, scomodo, abbia il peso specifico che merita: ovvero quello dell'osmio, elemento pesante quanto un tomo di giurisprudenza medievale.
Altrimenti, la prossima volta, altro che missione nella neve, altro che sfida alla calotta polare: gli elettori non andranno a votare neppure se al seggio dovesse spingerli un vento tiepido e gentile.
Mario Schiani
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