Il Papa tedesco – il gendarme della Fede, provato e sofferente – ha intanto scelto di spiccare il volo come il bianco uccello lanciato sopra la folla dall'appartamento pontificio. Non una resa, ma un gesto di modernità: il Pontefice non è attaccato alla poltrona, lascia il vellutato scranno di San Pietro per la legnosa sedia di un minuscolo monastero claustrale. Cosa sta accadendo nella Chiesa? Si chiede la gente. Il conclave è alle porte, il clima che l'accompagna è perturbato. E non è una gara fra chiacchiere da bar e voci di sagrestia. La spiritualità di un evento bimillenario – l'elezione di un Papa – è stata schiaffeggiata da opinioni esasperate del mondo laico, messa all'indice, quasi ricattata. Oggi la scelta del papabile passa per le «primarie» che si giocano con sondaggi in internet, su Facebook grondante di giudizi taglienti, nei twitt via iPad. E naturalmente sui media. Nelle rotative dei giornali si sono impigliate le vesti dei religiosi: difficilmente sfuggiranno al tritacarne dell'informazione.
Il toto-Papa impazza fra colleghi d'ufficio, ma è un divertissement che finisce con il saldo di una scommessa da consumarsi in pizzeria. Un conto è rileggere le profezie di Malachia, un altro è impallinare un porporato, senza possibilità di replica. Ma il clima è questo. È l'era di «tonache pulite» sullo sfondo di Vaticanleaks. È il gioco del dentro o fuori, rivisitato ai tempi di X Factor. È il tempo delle «nomine» sul copione del Grande Fratello, ma qui di finto o virtuale non c'è nulla. Non è un bello spettacolo. Escono presunti scheletri dagli armadi dei principi della Chiesa, si lanciano accuse che hanno la forza di avvisi di garanzia, notificati come bombe a orologeria sulla soglia della Cappella Sistina.
Badilate di fango. Un giorno tocca a Ouellet reo di avere un fratello coinvolto in una torbida vicenda sessuale, un altro a Mahony accusato di aver coperto abusi di preti pedofili, sabato il caso O'Brian accusato di «comportamento inappropriato» per fatti risalenti a 33 anni fa. Senza il conclave, i media si sarebbero interessati di costoro con la stessa enfasi? È palese, si è di fronte ad accuse gravissime, non siamo difensori d'ufficio o garantisti dell'ultima ora, ma il giudizio spetta a un tribunale civile o ecclesiastico, più che alla piazza. A sentenza definitiva ci sarà spazio per tutti.
Intanto i giornali arricchiscono la galleria di ritratti all'arsenico. Finita (o quasi) l'anatomia del Papato ratzingeriano si è passati alla vivisezione pre-conclave. Così si torna indietro indietro anni luce, quando re e imperatori lanciavano veti sui cardinali. Ottone I nel 964 volle da Leone VIII il diritto di approvare o meno la scelta del papa. Nel 1903, l'imperatore d'Austria pronunciò il suo veto contro il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro: veto respinto ma fu eletto un altro candidato, il patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, divenuto Pio X.
Sabato scorso, la Segreteria di Stato ha smesso di stare alla porta. Vanno bene le critiche, non i condizionamenti. Un comunicato secco, dove il Segretario di Stato Bertone non ha voluto indossare i panni del pompiere, ma rivendicare le prerogative del collegio cardinalizio. Il pre-conclave si consuma a getto d'inchiostro e via web, mentre i porporati sono chiamati a quello vero nelle Congregazioni. C'è da chiedersi a chi giovi tutto questo: forse a lobby e gruppi di potere con un candidato pronto?
È chiaro, ci sono i kingmakers, i cardinali grandi elettori capaci di coagulare attorno a se pacchetti di voto, indicare una strada, ci sono correnti e schieramenti. «Ma lo Spirito Santo ispira e vigila – assicura un prelato –. Siamo nell'Anno della Fede». Vero, ce lo siamo dimenticati.
Emanuele Roncalli
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