È quello di chi non raggiunge i duemila euro e ha figli da tirar grandi, che non sa come far quadrare i conti a fine mese, di chi il lavoro lo ha perso o si barcamena nella precarietà. E poi c'è la politica nei suoi palazzi di vetro, che viaggia su parametri fuori dal mondo, a una distanza siderale dai problemi di tutti i giorni della gente. Seimila e cinquecento euro netti al mese in Regione, diecimila in Parlamento. Lordi, in questo caso, ma con benefit tali da far impallidire chiunque. E, magari, far imprecare pure chi non è dotato di un aplomb propriamente british. E così arrivano le Iene di turno, che chiedono al politico di turno quanto costa un chilo di pasta. «Tre euro?». Sbagliato. Tra 0,75 e un euro andrebbe molto meglio. E queste cose una casalinga (magari forzata) le sa, tanti politici no.
E poi spunta un magistrato che apre un fascicolo a Roma o a Milano, per guardar dentro i rimborsi spese dei consiglieri regionali e ti ritrovi Batman Fiorito, le feste pecorecce della capitale, gli aperitivi del Trota, i pranzi di nozze di Epurator. Tutto a spese dei contribuenti. E ti arrabbi di brutto, giusto per usare un eufemismo.
C'è la crisi, si fa fatica a tenere in piedi i bilanci familiari, le tasse sono aumentate, ci è piovuta addosso pure l'Imu. E così, oggi, la distanza tra la politica e la gente normale si misura proprio partendo dalla busta paga. Già. E quel foglio di carta dice che un poliziotto - che magari rischia la vita - può guadagnare 1.600 euro al mese e un professore, magari precario, 1.400. Non 6.500 o 10mila euro.
Nessuno vuol lanciarsi in facili accuse alla Casta o in esercizi gratuiti di demagogia. Ma è diventato francamente insopportabile quel paese della cuccagna che sa solo promettere sacrifici agli altri. Se ne sono resi conto i due ultimi arrivati comaschi al Pirellone, Daniela Maroni (di professione benzinaio) e Francesco Dotti (imbianchino), che sanno cos'è il lavoro e si sono immediatamente dichiarati favorevoli a una riduzione delle prebende. E lo stesso hanno fatto altri esponenti comaschi eletti a Milano come a Roma, ricordando che il taglio dei costi della politica fa parte dei loro programmi. Lo dicono tutti (o quasi), dalla Lega al Pd. Chapeau.
Monti ha dato il via alla sforbiciata con le Regioni, incagliandosi poi (ma va?) sul Parlamento. Ma adesso li aspettiamo tutti al varco. Non per un gratuito esercizio di giacobinismo fuori tempo massimo. Semplicemente perché chi rappresenta un Paese, forse, dovrebbe anche condividerne le fatiche. Torna alla mente una frase di un film cult di una decina di anni fa: "L'ultimo bacio" di Gabriele Muccino, uno spaccato generazionale che ancora oggi ben rappresenta chi è nato negli anni '60 e '70. «È la normalità la vera rivoluzione". Davvero uno strano Paese il nostro.
Emilio Frigerio
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