La linea che la direzione del partito domani mattina ribadirà (in diretta televisiva, tanto per non sfigurare con i grillini) è che il Pd pretende di avere l'incarico di governo per il suo candidato premier; altrimenti "si va tutti a casa". Per il momento non esistono ufficialmente subordinate: o Bersani o nuove elezioni. È noto che questa linea, restringendo di molto gli spazi di trattativa e di mediazione, irrita Giorgio Napolitano (che con i suoi ex compagni di partito sa bene come farsi obbedire) il quale ha invece un punto di riferimento inamovibile: l'incarico viene dato a chi è in grado di avere una maggioranza sia alla Camera che al Senato, e a Bersani a palazzo Madama mancano una trentina e passa di voti, anche contando il partito (inabissato, per il momento) di Mario Monti e dei suoi sodali. Dunque, in partenza Quirinale e Pd rischiano di scontrarsi, anzi a quanto si sa ci sarebbero già stati dei dissapori nel riserbo degli incontri paralleli. E dunque?
Bersani potrebbe tentare di aprire una vera trattativa con Grillo. Ancora non lo ha fatto: prima ha lanciato un "segnale" di dialogo, e ha ricevuto un insulto, poi ha negato qualunque "commercio politico" lanciando semmai un aut aut con la minaccia dell'immediato scioglimento delle Camere. Ora potrebbe fare sul serio. In ogni caso all'incontro con il Movimento Cinque Stelle lo spinge sicuramente Vendola mentre è certo che perderebbe il contatto con Monti che ha sempre negato il proprio appoggio a partiti populisti o anti-europeisti. Dunque, si tratta di una strada molto dissestata, anche se per alcuni l'unica percorribile: questi ultimi sono coloro che da giorni stanno provando a contattare Grillo e Casaleggio per vedere se qualche margine di trattativa ci sia oppure no, a prescindere dalla propaganda. Si favoleggia di contatti segreti con Prodi - anche in vista della corsa per il Quirinale - ma chissà cosa c'è di vero.
L'altra strada è quella del rapporto con il PdL, che sarebbe la più solida sotto il profilo dei numeri, addirittura imbattibile, e forse darebbe la possibilità di una trattativa tradizionale. Alfano continua ad invocare dal Pd una prova di responsabilità "per non mandare a sbattere l'Italia" ma Bersani non ne vuol sapere. Di alleanze con Berlusconi non si parla, se non altro perché darebbe una formidabile arma propagandistica a Grillo.
Terza strada, e abbiamo chiuso il cerchio. Bersani potrebbe fare una prova di umiltà e accettare la linea di Napolitano: un governo "del presidente" o tecnico, di breve durata con un programma molto definito e vediamo che succede. Avrebbe sicuramente l'appoggio del PdL ma anche dei grillini, stando all'ultima voce uscita ieri ("purché non siano politici"). Magari Bersani vuole l'onore del primo giro, provare a mettere in piedi un governo e acconciarsi alla soluzione di compromesso solo dopo il proprio tentativo. Anche se continua a ripetere il motto dell'amato Vasco Rossi ("Lascia perdere l'orgoglio"), anche l'uomo di Bettola vuole la sua soddisfazione, sia pur minima.
Andrea Ferrari
© RIPRODUZIONE RISERVATA