Di certo non si è saputo ieri, dopo la direzione del Pd che ha dato a Bersani, quasi per sfinimento, l'ultimo viatico. Vada pure a schiantarsi il povero segretario con il suo tentativo di governo che per Pierluigi potrebbe anche essere di minoranza e Napolitano pretende invece di maggioranza. Come sarebbe andata a finire la direzione di ieri, invece, Matteo Renzi lo aveva capito subito. Tant'è che ha salutato la compagnia subito dopo il primo intervento del segretario.
Forse per risparmiarsi la relazione di D'Alema che, al solito, si è esibito nel suo numero migliore: quello del Dalemoni, dell'inciucio con il Pdl, magari senza il Silvio accusato di comprare senatori come barattoli di pelati al supermarket, perché, parola di Baffino, oltre che tra gli elettori ci sono brave persone anche tra gli eletti della destra.
Il Pd, insomma, è rimasto nel recinto in cui si era chiuso dopo le primarie per la scelta del candidato premier, con l'illusoria convinzione di aver chiuso lì la partita elettorale. A quell'abbuffata mediatica alimentata dall'incertezza dello scontro tra il segretario e il sindaco di Firenze è seguita una sorta di oscuramento del partito. Il tutto mentre Beppe Grillo batteva i familiari sentieri della rete e monopolizzava le piazze e mentre Berlusconi si muoveva anch'esso sul suo terreno preferito, quello della televisione.
Buona parte delle cause della sconfitta-vittoria sono arrivate da qui. Dalla sicumera di chi si sente lepre e non si preoccupa di schivare i pallini, dalla mancanza di un messaggio forte che gli altri sono riusciti a lanciare.
Troppo tardi mettere sul tavolo gli otto punti per allettare i rappresentanti del Movimento Cinque Stelle. Un tentativo privo di alcuna autocritica. Come quella, magari, di un'alleanza con Vendola che forse ha lasciato sul terreno più voti di quanti non ne abbia portati, visto il magro risultato di Sel con il leader che ha infatti annunciato la ritirata nella sua Puglia, regione peraltro conquistata dal centrodestra al Senato.
Certo, il processo al segretario e alla linea non sarebbe servito gran che. Ma ci si sarebbe aspettati qualcosa di più: magari quella sfida a Grillo invocata da Renzi.
Vedremo come andrà a finire. Ma dopo il parlamentino del Pd di ieri, i bookmakers non avranno certo cambiato la quotazione su un probabile ritorno alle urne. Forse Bersani, apparso leader ammaccato, per il bene del paese, avrebbe fatto bene a non scacciare l'ipotesi un piano B che non prevede la sua presenza sulla scena.
Francesco Angelini
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