I bizantinismi delle forze politiche stanno cacciando il Paese in un vicolo cieco. Come dice il politologo Roberto D'Alimonte, se Pd e M5S tengono ferme le rispettive pregiudiziali (nessun governo con il Pdl; nessuna fiducia ai partiti), il capo dello Stato potrebbe essere costretto alle dimissioni anticipate per consentire al suo successore di sciogliere le Camere e tornare subito alle urne. Nella nebbia, Napolitano è costretto a navigare a vista. Sa di non poter scardinare da solo i due paletti posti dal Pd e dal Movimento 5 Stelle. Perciò punta sull'elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento come prima tappa per determinare almeno un "clima più disteso".
Tra i democratici, ai quali spetta l'apertura di questa partita a scacchi, si sono confrontate finora due linee: quella di chi vorrebbe puntare all'en plein nell'incertezza di come si possa sviluppare il secondo tempo (l'elezione del nuovo capo dello Stato) e quella di chi ritiene più saggio offrire le poltrone di Montecitorio e palazzo Madama a Pdl e 5 stelle per creare le condizioni minime di un governo di scopo e dell'arrivo di un presidente della Repubblica di garanzia ma che appartenga all'area della sinistra.
Si vedrà ben presto se le polemiche virulente di questi giorni sono solo la coda della difficile campagna elettorale o la dimostrazione che non esistono margini di manovra. Ma certo il piano bersaniano di un governo che coinvolga i grillini si complica di giorno in giorno. L'inchiesta dell'Espresso sulle 13 società aperte in Costa Rica dal factotum di Grillo Walter Vezzoli insieme alla sorella della compagna del comico genovese ha scatenato un mezzo putiferio: il Pd chiede al leader 5stelle di fare chiarezza su operazioni sospettate di opacità fiscale, Grillo replica che non c'è nessuno scandalo ma solo un'operazione mediatica per alzare un polverone attorno ai suoi. C'è da chiedersi se queste sciabolate siano compatibili con la ricerca di un'intesa politica. Sembrerebbe di no. Ma è anche vero che il Pd non ha alternative reali perchè non intende allearsi per nessun motivo con il Cavaliere.
Dunque sembra scontato che la parola debba tornare al capo dello Stato il quale potrebbe pensare, secondo alcuni, ad un "governo amico", cioè ad un esecutivo del Presidente guidato da una personalità gradita al Pd e con ministri non pescati nel campo politico. Ma si tratterebbe in sostanza di una riedizione del governo tecnico che un pò tutti hanno dichiarato di non accettare perchè comporterebbe l'ulteriore delegittimazione della politica italiana. È questo il motivo per cui Berlusconi sembra essersi convertito all'ipotesi di un rapido ritorno alle urne.
Pierfrancesco Frerè
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